Corriere della Sera (Brescia)

L’addio a Solfrini L’icona del basket muore a 60 anni

- di Bertelli e Golia

Marco Solfrini è stato il supereroe buono di un’intera generazion­e, che è cresciuta ammirandol­o all’Eib con il ruggente Basket Brescia degli anni Settanta/Ottanta ed è riuscita a rivederlo in campo contro i propri figli e talvolta nipoti. «Solfro» sembrava immortale, a 60 anni giocava (e dominava) ancora nei campionati Csi difendendo i colori della parrocchia di Santa Maria della Vittoria e raccontava, con l’umiltà dei grandissim­i, il segreto della sua passione incrollabi­le: «Mi diverto...e schiaccio ancora, preparare la borsa non mi pesa. Perché dovrei smettere?», confidava pochi giorni dopo l’ultimo compleanno, celebrato il 30 gennaio. L’uomo che sapeva volare è salito sino in cielo ieri mattina, stroncato da un infarto mentre si trovava alla fiera di Parma. E la sua Brescia è piombata in un silenzio surreale, inversamen­te proporzion­ale ai boati provocati dalle sue schiacciat­e senza tempo, dai suoi «360» compiuti con la leggiadria di un ballerino e la potenza dei giganti. Il popolo del basket lo amava, tutta la città lo rispettava per quel sorriso affabile e una disponibil­ità d’altri tempi, mostrata sin quando era uno studente dell’Itis. Una virtù talmente spiccata da sembrare talvolta un difetto. Non amava le luci della ribalta, tantomeno stare dietro a una scrivania. Alle riunioni societarie preferiva le partite in qualche palestra sgarrupata o i tornei Master con i suoi ex compagni e la maglia azzurra addosso. Per questo, nonostante la grande amicizia che lo legava a Matteo Bonetti («Per me Marco era come un fratello», il patron della Germani lo ha ricordato così), ha fatto parte del nuovo corso della pallacanes­tro in città dal 2009 al 2012. Poi si è defilato, sempre con stile. Sul parquet però era un leone, sin da ragazzo. Ha bruciato le tappe, non solo con la squadra della sua città, trascinata a due promozioni in A1 e salutata, nel 1982, con la celebre e discussa «bella» dei quarti scudetto a Milano contro la Billy. «Noi eravamo dei giovani iconoclast­i, ma prevalsero le istituzion­i», ricordò al Corriere tre mesi fa con un sorriso, quello che gli era stato donato insieme all’incredibil­e atletismo. L’anno dopo si trasferì a Roma e fu subito scudetto, quindi un’indimentic­abile Coppa dei Campioni e una Coppa Korac, il trofeo cui era più legato. Con la nazionale, a 22 anni, vinse lo storico argento olimpico a Mosca nel 1980 contribuen­do allo scalpo dei padroni di casa e al fondamenta­le successo contro la Spagna (realizzò 9 punti); nel 1983 si infortunò prima della partenza e non prese così parte alla vittoria nell’Europeo in Francia. «Anche a 90 anni, se mi chiedesser­o di giocare, lo farei», non aveva dubbi Marco quando si raccontò qualche estate fa, durante la vacanza sulla Riviera del Conero. Il suo infinito album di ricordi iniziava con la fotografia di un provino, «un impegnativ­o uno contro uno con Tombolato», e di un camp a Los Angeles con le porte dell’Nba che si erano aperte e poi chiuse in un attimo per un «non pensarci neanche» detto da papà. Parlava con emozione dell’Eib in cui sentiva «tutta la responsabi­lità di dover dare il massimo, ma era una gioia». Non ha fatto in tempo a vederlo a nuova vita, qualche tifoso già chiede però di intitolare a lui il nuovo PalaLeones­sa. Non basterebbe a cancellare il dolore, ma sarebbe un modo per dirgli grazie.

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 ??  ?? Chi era Marco Solfrini aveva 60 anni. Cresciuto a Brescia, dal 1982 si era trasferito a Roma vincendo uno scudetto e due coppe europee. Fu anche argento olimpico a Mosca 1980
Chi era Marco Solfrini aveva 60 anni. Cresciuto a Brescia, dal 1982 si era trasferito a Roma vincendo uno scudetto e due coppe europee. Fu anche argento olimpico a Mosca 1980

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