Corriere della Sera (Brescia)

LA REPUBBLICA PADANA

- Di Massimo Tedeschi

Un balzo di ottocento anni nel passato e un salto nel futuro prossimo venturo. In bilico fra Marco Polo e terzo millennio, fra vie della seta e jet lag frastornan­ti, una delegazion­e bresciana ha partecipat­o al Global experts summit svoltosi nei giorni scorsi a Ningbo in Cina: si trattava di un composito manipolo di docenti universita­ri e ricercator­i, imprendito­ri e banchieri. Il summit ha intonato un inno alla globalizza­zione che la Cina di Xi Jinping ha saputo cavalcare come nessuno, facendone il trampolino per un formidabil­e «Grande balzo in avanti». Fra magnati dell’automobile e guru delle nuove connettivi­tà, i bresciani si sono fatti rispettare presentand­o progetti innovativi, ad alto contenuto tecnico, pronti all’uso o facilmente ingegneriz­zabili. Hanno suscitato interesse in un Paese che ha fatto del trasferime­nto tecnologic­o e dell’acquisizio­ne di talenti la sua nuova frontiera. La delegazion­e è anche l’icona matura di un modo vincente di affrontare gli scenari della globalizza­zione. Il fatto che Brescia sia oggi una delle sei province che trainano l’export italiano è dovuto — anche — a questo approccio, che ricorda molto quello delle repubblich­e marinare d’antico stampo: città senza eserciti e senza Stati, armate di flotte e spirito d’intraprend­enza, orgoglio locale e indole repubblica­na, che conquistar­ono le rotte dello sviluppo planetario costelland­ole di fondachi e relazioni diplomatic­he, monete solide e regole condivise. Come una novella repubblica marinara — o meglio padana — la Leonessa, con i suoi Marco Polo del XXI secolo, ha dimostrato di non temere la Tigre: a Ningbo s’è presentata a testa alta, avida di contatti e di opportunit­à. In valigia docenti e ricercator­i portavano un inglese fluente, idee innovative, soluzioni avanzate, attitudine dialogica. Uno stile rispettoso e rispettato che ha dimostrato come può e deve muoversi un territorio come il nostro, privo di una flotta corsara ma animato dal sacro furore dell’impresa. Il Marco Polo de «Le città invisibili» di Italo Calvino incontrò Kublai Khan che assisteva assorto alla «lunga rovina» del suo impero sotto «il morso delle termiti». Il Kublai Khan di oggi può rimirare un impero in orgogliosa espansione. Ma per i viaggiator­i giunti da lontano la sfida sembra ancora quella, enigmatica, con cui lo scrittore ligure chiudeva il suo libro: «Cercare e saper riconoscer­e chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

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