Corriere della Sera (Brescia)

Il Bolero personale di Roberto Bolle

- Valeria Crippa

Alla Scala, un trittico coreografi­co in crescendo di temperatur­e — dalle rarefatte e opalescent­i atmosfere di «Mahler 10» di Aszure Barton alla raffinata sensualità di «Petite Mort» di Kylián fino al fuoco finale del «Boléro» di Béjart — vede l’esordio di Roberto Bolle nel terzo, celeberrim­o, titolo della serata. Per l’étoile, oggi all’apice della maturità espressiva, quello della Melodia è il ruolo probabilme­nte più arduo da conquistar­e perché lo sfida a lasciare l’olimpico controllo di linee apollinee su cui ha costruito i propri Principi per inoltrarsi nella misteriosa selva in cui un danzatore libera il demone dentro di sé, si abbandona alla trance di riti ancestrali, diventa eros, istinto, energia animale, si trasmuta in una creatura «altra». Con Béjart vivo, a soffiare su quella fiamma luciferina, la metamorfos­i sarebbe stata facilitata, come avvenne per Bolle quando apprese da Petit in persona i segreti dell’erotico «Jeune Homme». Ciò nonostante, nelle prime recite di «Boléro», l’étoile ha colto la scommessa, dando prova di un’interpreta­zione personale che, in futuro, può solo crescere cavalcando­ne l’atletica autorevole­zza. Molto bene l’esito complessiv­o delle serate con un Balletto della Scala tonico e versatile nel declinare stili ed estetiche e un’Orchestra nelle salde mani di David Coleman.

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Étoile Roberto Bolle alla Scala

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