«Fu accoglienza-truffa». Ora il processo
È stata fissata per il 29 maggio l’udienza preliminare a carico dell’imprenditore Angelo Scaroni
Il pm ha chiesto il suo rinvio a giudizio. A decidere se dovrà andare a processo sarà il giudice, il prossimo 29 maggio. Per quel giorno è in calendario l’udienza preliminare a carico di Angelo Scaroni, 47 anni, imprenditore di Montichiari finito agli arresti domiciliari (poi revocati) lo scorso 27 ottobre con l’accusa di aver truffato lo Stato per ben 936.670 euro e falso. Cifra che secondo il sostituto procuratore Ambrogio Cassiani — e pure il gip Cesare Bonamartini — avrebbe indebitamente percepito nella gestione, irregolare, dell’accoglienza profughi. Che stando alle indagini, nelle strutture sparse per la provincia e riconducibili a Scaroni avrebbero vissuto in un sostanziale «stato di abbandono». In pessime condizioni igieniche e senza partecipare alle attività formative o ai corsi di italiano obbligatori da bando. Per i magistrati, insomma, «l’intera attività di accoglienza» di Scaroni «risulta condotta al solo scopo di ricavare il massimo profitto senza controprestazioni». E a danno «non solo dello Stato, ma anche degli stessi stranieri ospitati» in condizioni poco dignitose.
Legale rappresentante della società agricola Agri Scar srl, negli ultimi tre anni Scaroni ha accolto oltre un centinaio di richiedenti asilo. E sotto la lente degli inquirenti è finita una trentina di alloggi prive dei requisiti messi nero su bianco dal bando della prefettura per l’accoglienza diffusa. Una «disinvoltura», quella in capo all’imprenditore, che per il gip si sarebbe manifestata «al di là dei profili più strettamente giuridici, in tutte le modalità di gestione degli stranieri»: un’accoglienza solo «apparente» dal momento in cui Scaroni avrebbe «falsamente dichiarato» di garantire la presenza di uno psicologo e la frequenza ai corsi di alfabetizzazione e italiano per i migranti. Ma anche di fare in modo che partecipassero alle attività sportive e ai progetti per la attività professionali. Ma Angelo Scaroni avrebbe anche mentito sulle condizioni (reali) degli appartamenti o sul numero degli alloggi a disposizione. Come pure sulla sua capacità di offrire tutti i servizi previsti sia dalle condizioni che dalle linee guida Sprar (sottoscritte nell’aprile 2016) in modo da indurre in errore il prefetto il quale, l’anno scorso, firmò l’affidamento alla Agri Scar di oltre un centinaio di profughi. Con proroga.
Le indagini scaturirono proprio da un sopralluogo dei carabinieri e della polizia locale — era il 7 novembre 2016 — alla «Casa Vacanze» di Carpenedolo, riconducibile a Scaroni. Il verbale: «L’immobile si presentava in situazione di grave degrado, occupato da ben 24 richiedenti asilo pure avendo l’abitabilità per 8. Alcuni erano alloggiati in garage, o in magazzino trasformati in dormitori». Ne seguirono ulteriori accertamenti e sopralluoghi: accessi che avrebbero consentito «di verificare un generale e sostanziale inadempimento delle condizioni di erogazione del servizio in violazione delle autocertificazioni rese al momento della presentazione della domanda». Con gli ospiti «lasciati in uno stato di generale abbandono».
Ma per il Tribunale del Riesame non è certa la volontà di Scaroni di mettere in atto una truffa. Resta da capire, quindi, se l’imprenditore abbia agito con dolo o se invece questa vicenda possa essere riconducibile alla sua incapacità di gestire i profughi e il sistema accoglienza. Se sono mancati alcuni approfondimenti, per la difesa, fu solo «perché si era in regime di emergenza». E non bisognava perdere tempo. A decidere, alla fine di maggio, sarà il giudice per l’udienza preliminare.