«Un percorso unico. Ora guardiamo in alto per cercare il canestro della vita»
Nel triduo pasquale il cristiano fa memoria di quello che avvenne a Gesù. Gli ultimi eventi ci ricordano il tratto di un uomo che ha sofferto fino alla morte in croce. La morte, però, non ha l’ultima parola perché è vinta dalla risurrezione. Nonostante ciò, resta un mistero difficile da comprendere e da accettare. Nell’omelia, mons. Claudio Paganini ha riletto la liturgia di questi tre giorni nell’esperienza di Marco. La pallacanestro diventa la metafora di una partita più importante che si gioca e si vince insieme. Il sacrificio per arrivare alla vittoria richiama «l’anelito a Dio: la rete appesa al canestro ci costringe a guardare in alto». Paganini ha elogiato «la proverbiale generosità» di Solfrini nel saper «coinvolgere, appassionare e insegnare ai ragazzi più giovani il modo in cui un atleta sta in campo». Siamo chiamati a «fare tesoro di quanto ci ha trasmesso per cercare un modo per continuare a vivere i valori dello sport e della maturità umana». Allo sgomento del Venerdì Santo per una morte improvvisa si aggiunge il ricordo «di un percorso unico nella storia bresciana». Paganini ha, infine, invitato i familiari, gli amici e i tifosi a «guardare in alto per cercare un anello e una rete in cui indirizzare la palla e l’essenza stessa della vita» e ha ringraziato Marco «per questa inattesa Pasqua dello sportivo».