Teatro Grande, corpi (e idee) in movimento
Al Teatro Grande vanno in scena due lavori creati dalla nuova generazione di coreografi italiani
Ossessioni tech, sussurri elettronici e feticismi virali: in To be banned from Rome, Annamaria Ajmone — tra le nuove icone della danza contemporanea — fa danzare illusioni virtuali e geografie digitali sul tessuto sonoro di Alberto Ricca/Bienoise, infondendo ritmo a un universo, quello del web, il cui unico verbo è digito ergo sum.
Tra parole sussurrate e movimenti scabri e minimali, Elisabetta Consonni invece porta sul palco un’anteprima che ha per titolo un verso di Lou Reed, And the colored girls say: doo da doo da doo da doo (da Walking on the wild side):
Sono tutti corpi (e visioni) in movimento: stasera, al Teatro Grande, vanno in scena due coreografie di danza contemporanea (alle 20.30, sala Borsoni: biglietti 10 euro).
Se i dioscuri Ajmone-Bienoise fanno affiorare la liaison tra movimento e musica parlando del web, Consonni apre la serata con uno spettacolo inedito: un’ode al margine e alle persone nell’ombra. «Il titolo — dice — è un verso che nella canzone di Lou Reed non si sente tanto, passa inosservato. L’ho scelto volutamente».
Quello che porta in scena non è un riscatto dei reietti.
«Faccio danzare chi di solito sta ai margini del palco, lontano dalla ribalta. In questo lavoro, però, nessuno diventa protagonista, e infatti si sente la mancanza di qualcosa: l’idea è di restare ai margini per giocare con i limiti che comportano. I movimenti restano minini, controllati».
Nel suo lavoro allude a una condizione universale: non parla solo dei ballerini di fila.
«L’idea mi è venuta una sera, mentre ascoltavo la musica: mi sono concentrata sui cori di un brano, e mi sono accorta che lo rendevano pieno, ma era come se non esistessero. Questo vale anche per altre condizioni: per esempio, in aeroporto, mi è capitato di parlare con le persone che puliscono i bagni, cui viene chiesto di essere invisibili. La coreografia ha un afflato sociale: parla di chi sta ai margini e non viene notato, ma in un modo o nell’altro determina la quotidianità di tutti».
Il titolo cita Lou Reed: c’è un suo brano anche nella colonna sonora?
«Ci sarà una canzone, sì. Ma la musica sarà fatta soprattutto dalle voci di un coro: canteranno da sole, isolate da quella principale e dalla parte strumentale, e i loro testi saranno piccole parole ripetute. Ci sarà anche una sorpresa che non le svelo. In ogni caso, ho cercato di essere coerente fino in fondo, a scapito dell’entertainment».
Il lavoro è una produzione del Grande con la collaborazione della compagnia Ariella Vidach - AiEP: dopo Brescia, lo porterete altrove?
«C’è già una data fissata a Firenze il 14 aprile».
Consonni In questo lavoro nessuno diventa protagonist a ma si sente la mancanza di qualcosa: l’idea è di restare ai margini e giocare con i limiti di chi non vive al centro della scena. Il lavoro ha un afflato sociale