Il pastificio dove nascono nuove vite
Il pastificio «Amici di Sam», dove si insegna il piacere del lavoro a dimensione umana
Sul tavolo di lavoro una distesa di cappelletti pronti da tuffare nel brodo. Prendono forma velocemente. E per certi versi inaspettatamente. A modellarli, dopo aver provveduto a posizionare il ripieno, sono le grandi, ma abili mani da portiere di calcio di Bakary — per tutti Baky — ragazzone dalla pelle color ebano, fuggito dal deserto del Mali. «Li fa più buoni di quelli delle nonne emiliane», si commenta nel piccolo pastificio di Lumezzane, in cui la gastronomia ha il sapore della solidarietà sociale. Lo osserva attentamente «il dottor» Yair, arrivato dal Perù in Italia dove si è laureato in Economia. «Sogno un futuro nell’agroalimentare e qui voglio imparare il più possibile». E poi c’è Marco, esteta del gruppo, che provvede alle finiture dei prodotti, dalle forme così regolari da sembrare essere fatti con macchine industriali. Federica è un’organizzatrice nata. Impasta ricotta, besciamella e sapori e controlla che anche ai colleghi non manchi nulla. Alessandro tutto fare. David, sorriso contagioso, è addetto alle vendite.
Tra richiedenti asilo, tirocini e inserimenti sociali per disabili mentali lievi si trascorrono le giornate al pastificio valgobbino «Amici di Sam», in cui il lavoro fa rima con futuro. E se è vero che «si stanno perfezionando le pratiche per avere l’identità giuridica di cooperativa di tipo B — spiega Ivo Saiani della cooperativa Il Mosaico — l’esperienza è stata avviata a fine 2016, pur con il sostegno della cooperativa, come iniziativa privata». Titolare del laboratorio è Elena Secchi Villa, che oltre a curare la scelta delle materie prime – «si privilegia la qualità, se poi è del territorio, ancora meglio anche per la tracciabilità» – segue i ragazzi passo passo. «Per Pasqua siamo arrivati a produrre 50-60 chili di pasta ripiena», spiega Elena che con fantasia mescola gli ingredienti per regalare novità ai clienti, tanto apprezzate da essere inserite nel Golosario. Casoncelli, crespelle cannelloni. Tutto fatto a mano. «Questi sono i limonotti», ci dice Federica, indicando invitanti tortelli, tripudio di ricotta, scamorza bianca, erbette e limone. «I limoni sono quelli di Gargnano che abbiamo colto noi» confida Lidia Giacomelli, addetta all’orientamento dei ragazzi per scoprirne attitudini e potenzialità. «Un altro pezzo forte sono i tortelli con robiola bresciana e radicchio», nati dall’esperienza fatta a Comacchio per la festa dei Marinati. «Abbiamo partecipato anche al Meeting di Rimini e alla festa del pesce di Chioggia, oltre che a diverse sagre e feste, ma ci piacerebbe farci conoscere di più — continua Lidia — per coinvolgere i ragazzi, facendo vedere loro dove finisce il prodotto e insegnando il piacere del lavoro in una dimensione umana». Fragilità sociali e sanitarie, indicate dai servizi territoriali, che si fortificano producendo pasta fresca ripiena. «Da quando abbiamo iniziato sono passati da qui altri ragazzi. Qualcuno non era portato, altri hanno trovato lavoro. Il nostro intento è far sì che il loro percorso qui abbia un seguito anche fuori per questo cerchiamo agganci con la ristorazione», spiega ancora Lidia. E la garanzia di qualità sta tutta nella genuinità del bigliettino lasciato sulla porta da un cliente: «I vostri limonotti mi hanno cambiato la vita. Giovanni».