Bozzoli, si torna all’8 ottobre 2015 Conti, testi e perizie da rivalutare
Decine di persone (ri)convocate dalla procura generale. Oggi il punto «finanziario»
Si torna a quella maledetta sera. All’8 ottobre 2015, quando l’imprenditore Mario Bozzoli entrò nella fonderia di cui era titolare con il fratello Adelio senza uscirne più. Per il suo omicidio ci sono quattro indagati: due nipoti e altrettanti operai che si sono sempre avvalsi della facoltà di non rispondere. La procura generale, che avocando l’inchiesta ormai improrogabile dal pm, non lascerà nulla al caso. Il fascicolo fa capo al pg, Pierluigi Maria Dell’Osso, e ai sostituti Silvio Bonfigli e Marco Martani. Si riparte dai due camion carichi di materiale che alle quattro del mattino lasciarono la fonderia in direzione Mantova, rimasti quindi «fermi» ore dopo la presunta morte di Bozzoli. Da cosa, in quella azienda, è entrato e uscito. Da uno scenario che non fu «congelato» da subito. Dalla necessità, quindi, di scansionare in modo certosino qualsiasi elemento che potrebbe rivelarsi utile a risolvere il caso riconfigurando l’intero scenario in cui si colloca la scomparsa di Mario Bozzoli. Dopo due anni e mezzo, però.
Si riparte anche da decine di testimoni: sentiti (o no) negli anni e riconvocati in queste ore dalla procura generale mossa dalla necessità di riacquisire una serie di dichiarazioni. E si riparte da una riunione, in programma per oggi, con la guardia di finanza per fare il punto sugli accertamenti fiscali, societari e bancari che sono stati condotti. Anche in relazione alla fabbrica «clone» della Bozzoli di Marcheno nata a Bedizzole per mano del fratello di Mario per capire, di nuovo, se possa nascondere dinamiche (familiari e non solo) ancora non emerse del tutto. I ricavi in nero, per esempio. Si acquisiscono elementi di cognizione inediti e si torna a ripercorrere, passo passo, la strada che porta all’ottobre del 2015, per attualizzare il più possibile lo scenario in cui la morte di Mario Bozzoli si inserisce. Senza un cadavere.
Si rileggono le perizie, se ne aspettano altre. Come la relazione medicolegale dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, incaricata di esaminare decine di sacchi con le scorie di fonderia a caccia di indizi riconducibili a Mario Bozzoli, che ancora non è stata depositata. Nessuna proroga all’archeologo forense, che dovrà presentare le sue conclusioni.
Si ricomincia, in parte, pure dalla morte di Giuseppe Ghirardini, operaio della Bozzoli, addetto ai forni. Sparito cinque giorni dopo il suo capo, fu trovato senza vita in un bosco a Case di Viso, in Valcamonica. Non è detto che il fascicolo aperto (e non ancora avocato) per istigazione al suicidio a carico di ignoti convinca. La mattina della sua scomparsa avrebbe dovuto presentarsi in caserma per essere sentito dai carabinieri. E lo sapeva, ovviamente. Gli inquirenti pensano che la sua morte abbia a che fare con quella di Bozzoli. E da vicino.