Municipi senza poteri, è il pane per l’antipolitica
Si pensa che tutti i mali dell’Italia siano da ricercare nei palazzi romani. Ma l’onda lunga dell’antipolitica nasce dal basso. Dalla crescente sfiducia dei cittadini anche negli enti locali più prossimi a loro: i municipi. «Se non hanno più le forze per rispondere ai bisogni primari della loro gente, è finita». Il grido di dolore» arriva da Ettore Monaco, da 9 anni sindaco di Dello. «Noi sindaci siamo diventati gabellieri dello Stato, dei 20 milioni di tasse raccolte ogni anno a Dello, qui ne restano 450 mila. Le cose sono precipitate quando dal 2011 le tesorerie comunali sono state accorpate alla tesoreria unica dello Stato. E le leggi, fatte per i comuni grandi, ostacolano la vita amministrativa dei piccoli comuni: come è possibile che io debba fare un documento unico di programmazione alla stregua di Milano o Roma senza avere personale a sufficienza? Dobbiamo poter tornare ad assumere».
Per Monaco è urgente una riforma della pubblica amministrazione, che ridia potere ai sindaci: «Mi chiedo perché, in assenza di trasferimenti adeguati, io non possa introdurre ad esempio una tassa di scopo per realizzare un asilo, chiedendo 10 euro a cittadino. Ecco, di tutti questi temi non si è parlato nella recente campagna elettorale». Elezioni che hanno penalizzato ulteriormente la Bassa, «visto che 28 comuni sono finiti nel collegio bergamasco di Romano di Lombardia e non hanno rappresentanza parlamentare».