L’EDUCAZIONE E L’ASCOLTO
Lo si sente lamentare da ogni parte: i ragazzi, preadolescenti e adolescenti, sono maleducati e incominciano ad esserlo prepotentemente anche i bambini, come testimoniano gli educatori. La cosiddetta «buona educazione» sembra un genere in estinzione di cui le famiglie non si preoccupano, forse delegando a terzi di spiegare ai pargoli quanto da soli non riescono ad affermare. Un fenomeno che muove le considerazioni più varie, comprese tra la disperazione sull’esistenza di una generazione di genitori incapaci di porre dei limiti e l’inneggiamento a una pseudo libertà. Molte le ricette pragmatiche su che cosa bisogna fare. Ilsorrisodeibimbi, associazione senza fini di lucro che si occupa di emotività familiare, ha appena chiuso un lavoro di gruppo sulle emozioni tra scuola e famiglia, chiamando a confronto genitori e insegnanti. Un’esperienza unica, inedita e arricchente. Adulti sensibili, attenti, impegnati, intelligenti desiderosi di sapere quale strategia sia la migliore per correggere la dilagante deregulation. Per accorgersi, piano piano, dopo un lavoro intenso e paziente, che ai bambini, ragazzini e ragazzi, importa davvero poco di tutto quello che ci affanniamo a fare. A loro serve il nostro sentire per crescere bene. Semplicemente un sentire tranquillo. E capace di discernimento. La maleducazione, infatti, è quasi sempre un segno di disagio. Di una mancanza. Genericamente, ma ogni storia va osservata e declinata nelle sue peculiarità, di un’assenza di tranquillità dell’educatore: vale sommamente per mamma e papà, ma vale per chiunque si incarichi di ascoltare il cuoricino dei nostri figli. Già, ascoltare l’emotività ed educarla, tirarla fuori. Con tanta buona educazione interiore dell’adulto responsabile, altrimenti è un fallimento. Che porta a una sorta di rivolta profonda, inconscia e terribile che offusca gli animi e disperde un sacco di energie. Perché essere male educati davvero non conviene ai poveri pargoli, che disperdono il potenziale aggressivo, dono indispensabile per capitalizzare dentro, in un mare di guai più o meno importanti. Ecco perché l’affanno ad affermare la regola mentale serve a poco o nuoce addirittura. Occorre che troviamo, o riscopriamo, una regola nuova: fatta di ascolto, attenzione interiore, sensibilità. Di un passo indietro: invece di ingaggiare lotte, giudizi, sfide, affermazioni di pseudo supremazie, chiediamo, a noi e ai ragazzi, “come va”. La buona creanza comparirà di conseguenza, logica e piacevole affermazione di serenità.