Bentivoglio, l’alfabeto anarchico di una «consumatrice ubbidiente»
I capelli cortissimi, gli occhi bistrati di nero ideologico e gli abiti preferibilmente optical, la signora della poesia visiva era una creatura aliena da ogni omologazione: «Sono considerata, erroneamente, uno scultore, sia pure atipico; in realtà il mio lavoro si svolge, oggi come ieri, in un ambito totalmente ‘poetico’: tra linguaggio e immagine, tra linguaggio e materia, tra linguaggio e oggetto, tra linguaggio e ambiente». Passata con nonchalance dalle sperimentazioni di poesia concreta alla poesia visiva, dove contaminava in modo anarchico scrittura e immagine, alla poesia-oggetto, con interventi linguistici su cose e spazi, Mirella Bentivoglio (nata a Klangenfurt nel 1922 da genitori italiani, morta a Roma l’anno scorso) ha attraversato il Novecento e le sue contraddizioni sconfinando in tutte le espressioni dell’arte, tra versi e scultura. La galleria dell’Incisione ha allestito la sua prima mostra postuma (in via Bezzecca, fino al 24 maggio) : il titolo, Il cuore della consumatrice ubbidiente, allude all’omonima serigrafia del 1975, realizzata sulla pagina dei cinema di un giornale con annunci di film mediocri. Le due «C» rosse della Coca-Cola, disposte specularmente, creano un cuore ma anche un’ambiguità semantica: sembra di leggere «Oca». È una critica palese alla società inebetita, massificata e schiava dei consumi ma anche, secondo alcuni critici, a un’idea stereotipata e maschilista dell’amore e all’icona della donna «oca». In mostra, anche l’alfabeto anarchico di Bentivoglio, le sue parole in libertà e i libri-scultura firmati dal vento o su cui si posano conchiglie.