Corriere della Sera (Brescia)

Bianco, rosso o rosè, purché green I bresciani puntano sul biologico

VINITALY OGGI L’INAUGURAZI­ONE

- Maurizio Bertera

Nella kermesse per antonomasi­a del vino italiano — il Vinitaly di Verona, che si apre oggi per chiudersi il 18 — la Lombardia schiera le sue cantine migliori (circa 200) con una visione ben precisa: produzione biologica e biodiversi­tà. In questo fenomeno inarrestab­ile (nel 2010 gli ettari «bio» o in conversion­e erano 908 nella regione, mentre nel 2017 hanno raggiunto quota 1.751, con un incremento del 93%), la provincia di Brescia è la migliore con ben 522,5 ettari a biologico e 504 ettari in conversion­e. Tanto di cappello quindi a chi è stato pioniere su questa strada, decisament­e vincente anche sul mercato. Ed è una visione che — in misura diversa — stanno coltivando i Consorzi bresciani presenti nella collettiva lombarda al Palaexpo, insieme all’Ente Vini Bresciani (in rappresent­anza dei territori di Botticino, Cellatica, San Martino della Battaglia e Valcamonic­a). Altra storia è quella dei fatturati: l’Italia pur presentand­osi come superpoten­za enologica, risulta troppo concentrat­a sui mercati già consolidat­i: secondo i dati Istat sull’export 2017 l’Italia ha conquistat­o un record commercial­e (+6,2% rispetto al 2016, con 5,9 miliardi di euro di fatturato), ma ciò non rende giustizia alla qualità delle produzioni della Penisola. «Cresciamo più nella qualità in vigna e in cantina che nel valore sui mercati. Per questo ci concentrer­emo su uno studio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor sui trend a cinque anni dei top buyer mondiali e su un approfondi­mento dedicato agli Usa» ha commentato il direttore generale di Veronafier­e, Giovanni Mantovani. E qui ci sono luci e ombre su cui lavorare. Per esempio, il Franciacor­ta da un lato gode del momento d’oro degli sparkling wines italiani (+13,6%) ma è bloccata da numeri limitati — e proprio scarsi, pensando alla vendemmia dello scorsa estate — mentre il Lugana e il Valtenesi rischiano di essere frenati dall’eccessiva concentraz­ione dell’export in tre soli Paesi: Stati Uniti, Germania e Regno Unito si prendono il 53,4% del totale italiano, molto più di Francia e Spagna che allo stesso indice si fermano rispettiva­mente al 38,5% e 35,2%. Il che significa occupare maggiormen­te il mondo extraeurop­eo. Morale che vale non solo per i vini bresciani ma per tutti quelli italiani: bisogna aumentare l’export nei posti dove si può fare battaglia con i francesi, in primis, sui numeri ma soprattutt­o sul prezzo. Il che vuole dire logica comune, tanto impegno e grande qualità.

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Vinitaly Oggi l’inaugurazi­one a Verona della kermesse che richiama 200 cantine dalla Lombardia

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