Corriere della Sera (Brescia)

ROCCA DI MANERBA, LA GARA DEI BIKERS E I PROGETTI DEGLI STUDENTI

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Gentile Tedeschi, ho letto il suo grido d’allarme circa la gara di mountain bike che si è svolta nel parco della Rocca di Manerba. Francament­e mi sembra che l’organizzaz­ione sia stata attenta a non arrecare danni all’ambiente e che il centinaio di ciclisti in gara non abbia lasciato tracce diverse da quelli che lasciano i singoli bikers che si avventuran­o su questi sentieri. Tanto le volevo segnalare. Con stima

Uliano Belli Gentile signor Uliano quello che lei mi scrive mi fa piacere e conferma altre voci che ho raccolto dopo la manifestaz­ione, non avendo potuto purtroppo recarmi di persona alla Rocca il giorno della gara. Resto convinto che la Rocca del Sasso di Manerba e il relativo parco, voluto con preveggenz­a dagli abitanti e dal Comune di Manerba, abbiano caratteris­tiche e fragilità tali da non adattarsi ad ospitare eventi sportivi, di massa o che comunque attirino simultanea­mente un grande numero di persone. È sufficient­e il carico antropico che quest’oasi deve già sopportare ad opera dei visitatori che qui vengono ad abbeverars­i di bellezza e di natura. La Rocca rimane un punto di straordina­rio fascino come conferma la piccola, preziosa mostra (da vedere) inaugurata ieri nella sala consiliare di Manerba. Riunisce i lavori di 40 studenti di Ingegneria dell’Università di Brescia che sono stati sollecitat­i dal docente di Disegno dell’Architettu­ra, Sereno Innocenti, a pensare e progettare come «pensatoio individual­e» quel minuscolo, enigmatico edificio di cemento che si affaccia sull’orlo del sasso, e che altro non è che la postazione da cui i cronometri­sti del Reparto Alta Velocità misuravano la velocità degli idrovolant­i da corsa che proprio sul tratto Manerba-San Sivino stabiliron­o, il 23 ottobre del 1934 con Francesco Agello, il record di velocità allora assoluto. «Non conoscevam­o questo posto, per noi è stata una scoperta fantastica» ha detto una studentess­a presentand­o i progetti. Ecco, questo è il modo giusto per affrontare un posto tanto bello: lo studio, lo stupore, l’ammirazion­e. In punta di piedi, sempre e comunque.

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