Codogno, l’ospedale chiude la sala parto «Mancano i medici»
L’assessore Gallera: cattiva programmazione
LODI L’anno scorso ha portato la felicità nelle case di 536 famiglie, ma da domani la sala parto dell’ospedale di Codogno cesserà di far nascere i bambini. E non perché non sia in linea con i limiti minimi decretati dal ministro Lorenzin che impone la chiusura solo agli ospedali al di sotto dei 500 parti annui, ma semplicemente perché non ci sono più medici. Da domani, dunque, per partorire occorrerà andare all’ospedale Maggiore di Lodi, unico fra i quattro ospedali della provincia a mantenere un punto nascite attivo (quelli degli altri due, Casalpusterlengo e Sant’Angelo Lodigiano, sono stati smantellati anni fa) con mille parti annui.
«La chiusura di Codogno è temporanea — assicura il direttore generale dell’Asst di Lodi, Giuseppe Rossi — e siamo alla ricerca di una soluzione per riaprire. Ma se per il personale i turni sono massacranti, i rischi aumentano. Il primo pensiero deve riguardare la sicurezza della mamma e del bambino e semplicemente, con i numeri attuali, non è possibile». Numeri che fotografano una situazione complessa se non drammatica: a Lodi sono rimasti solo cinque ginecologi, sei a Codogno dove però, a causa dei turni divenuti insostenibili per la carenza di personale, in quattro hanno già chiesto il trasferimento nell’ospedale del capoluogo. Pure i primari sono vacanti. I due ospedali sono costretti a prestarsi il personale medico a seconda delle necessità. «Non c’è altra soluzione che accorpare ostetricia a Lodi — informa Rossi —: per i due punti nascite servirebbero almeno 24 ginecologi, ce ne sono rimasti solo undici. E mancano anche i pediatri. Le abbiamo provate tutte: concorsi pubblici, bandi, informative, richiesta di personale ad altre strutture, candidati in graduatoria interpellati. Nessun risultato, non si trova personale medico. Siamo riusciti a fare solo qualche accordo con liberi professionisti».
«La causa — precisa l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera — è una cattiva programmazione nazionale delle borse di studio specialistiche, che consentono l’inserimento negli ospedali di un numero di specialisti inferiore alle richieste di mercato».
I cittadini di Codogno non l’hanno presa bene: ostetricia è considerata un’eccellenza, negli anni Novanta arrivava a 800 parti annui e ora il numero si è stabilizzato fra 500 e i 600; le due sale parto e le strutture sono recenti e ben organizzate. Dieci giorni fa i sindacati, per sensibilizzare l’opinione pubblica contro la chiusura del punto nascite, hanno organizzato una fiaccolata per le strade della cittadina.
Ma la protesta, alla quale hanno partecipato in tanti, è servita a poco. Senza medici il reparto non può funzionare. L’attività ordinaria si fermerà dunque da domani. Resteranno a disposizione un’équipe di reperibilità e un’ambulanza in caso di urgenze. Ma durerà solo poche settimane. «Giusto il tempo — conferma il direttore generale — di dar modo alla cittadinanza di essere informata. Poi funzionerà solo il punto nascite del capoluogo». In attesa di novità dalla Regione che, stando a quanto comunicato dall’assessore alla Sanità, è già al lavoro per salvare l’ostetricia codognese. «Definiremo le azioni affinché la sospensione duri il più breve tempo possibile», assicura Gallera. In settimana è previsto un nuovo incontro e il 18 aprile è in programma il concorso per un nuovo primario a Lodi. Poi toccherà alla politica.