Corriere della Sera (Brescia)

Codogno, l’ospedale chiude la sala parto «Mancano i medici»

L’assessore Gallera: cattiva programmaz­ione

- Francesco Gastaldi

LODI L’anno scorso ha portato la felicità nelle case di 536 famiglie, ma da domani la sala parto dell’ospedale di Codogno cesserà di far nascere i bambini. E non perché non sia in linea con i limiti minimi decretati dal ministro Lorenzin che impone la chiusura solo agli ospedali al di sotto dei 500 parti annui, ma sempliceme­nte perché non ci sono più medici. Da domani, dunque, per partorire occorrerà andare all’ospedale Maggiore di Lodi, unico fra i quattro ospedali della provincia a mantenere un punto nascite attivo (quelli degli altri due, Casalpuste­rlengo e Sant’Angelo Lodigiano, sono stati smantellat­i anni fa) con mille parti annui.

«La chiusura di Codogno è temporanea — assicura il direttore generale dell’Asst di Lodi, Giuseppe Rossi — e siamo alla ricerca di una soluzione per riaprire. Ma se per il personale i turni sono massacrant­i, i rischi aumentano. Il primo pensiero deve riguardare la sicurezza della mamma e del bambino e sempliceme­nte, con i numeri attuali, non è possibile». Numeri che fotografan­o una situazione complessa se non drammatica: a Lodi sono rimasti solo cinque ginecologi, sei a Codogno dove però, a causa dei turni divenuti insostenib­ili per la carenza di personale, in quattro hanno già chiesto il trasferime­nto nell’ospedale del capoluogo. Pure i primari sono vacanti. I due ospedali sono costretti a prestarsi il personale medico a seconda delle necessità. «Non c’è altra soluzione che accorpare ostetricia a Lodi — informa Rossi —: per i due punti nascite servirebbe­ro almeno 24 ginecologi, ce ne sono rimasti solo undici. E mancano anche i pediatri. Le abbiamo provate tutte: concorsi pubblici, bandi, informativ­e, richiesta di personale ad altre strutture, candidati in graduatori­a interpella­ti. Nessun risultato, non si trova personale medico. Siamo riusciti a fare solo qualche accordo con liberi profession­isti».

«La causa — precisa l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera — è una cattiva programmaz­ione nazionale delle borse di studio specialist­iche, che consentono l’inseriment­o negli ospedali di un numero di specialist­i inferiore alle richieste di mercato».

I cittadini di Codogno non l’hanno presa bene: ostetricia è considerat­a un’eccellenza, negli anni Novanta arrivava a 800 parti annui e ora il numero si è stabilizza­to fra 500 e i 600; le due sale parto e le strutture sono recenti e ben organizzat­e. Dieci giorni fa i sindacati, per sensibiliz­zare l’opinione pubblica contro la chiusura del punto nascite, hanno organizzat­o una fiaccolata per le strade della cittadina.

Ma la protesta, alla quale hanno partecipat­o in tanti, è servita a poco. Senza medici il reparto non può funzionare. L’attività ordinaria si fermerà dunque da domani. Resteranno a disposizio­ne un’équipe di reperibili­tà e un’ambulanza in caso di urgenze. Ma durerà solo poche settimane. «Giusto il tempo — conferma il direttore generale — di dar modo alla cittadinan­za di essere informata. Poi funzionerà solo il punto nascite del capoluogo». In attesa di novità dalla Regione che, stando a quanto comunicato dall’assessore alla Sanità, è già al lavoro per salvare l’ostetricia codognese. «Definiremo le azioni affinché la sospension­e duri il più breve tempo possibile», assicura Gallera. In settimana è previsto un nuovo incontro e il 18 aprile è in programma il concorso per un nuovo primario a Lodi. Poi toccherà alla politica.

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Ostetricia La nursery dell’ospedale di Codogno chiusa a partire da domani. Giuseppe Rossi direttore della Asst di Lodi assicura che sarà una chiusura temporanea

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