Il giallo dei soldi e il caso Bozzoli
Sotto la lente della procura generale i cinquemila euro trovati a casa dell’operaio scomparso
L’inchiesta bis sul giallo di Marcheno si muove soprattutto sul binario finanziario. Sotto la lente anche i soldi trovati a casa dell’operaio scomparso.
Ogni giorno si lavora senza sosta alcuna. Non importa se «tecnicamente» i primi termini a disposizione della procura generale per l’avocazione sono scaduti. Ci sono a disposizione ancora sei mesi per fare chiarezza, dopo oltre due anni, sul giallo di Marcheno. Sulla scomparsa — e la morte — di Mario Bozzoli, imprenditore cinquantenne svanito nel nulla la sera dell’8 ottobre del 2015, quando chiamò la moglie per dirle: «Sono in ritardo, mi cambio e arrivo». Ma mai si tolse gli abiti da lavoro e uscì dalla fonderia di Marcheno di cui era titolare con il fratello, oggi ceduta all’asta.
Per il suo omicidio ci sono quattro indagati: i due nipoti Alex e Giacomo e altrettanti operai della fonderia, Oscar Maggi e il senegalese Aboagye (Abu) Akwasi. Ma tra le mani del procuratore generale Pier Luigi Maria Dell’Osso — e dei suoi sostituti Silvio Bonfigli e Marco Martani — adesso c’è anche il fascicolo per istigazione al suicidio di Giuseppe Ghirardini (operaio della Bozzoli sparito sei giorni dopo il suo titolare e trovato morto in alta Valcamonica il 18 ottobre di tre anni fa, ucciso da una capsula di cianuro). Aperto contro ignoti. Per ora. Perché non si esclude che anche questa inchiesta possa essere presto a carico, invece, di persone note. Il pg lo ha sempre sostenuto: «Questi due casi sono strettamente legati».
E la pista finanziaria è quella più battuta. Non a caso nelle ultime ore gli uomini della Guardia di finanza e i carabinieri hanno perquisito (per la prima volta) la Ifib Finance International di Bedizzole, definita la fonderia «clone» della fabbrica di Marcheno, ceduta all’asta, di proprietà di Adelio Bozzoli e dei figli, che nel 2015 era in fase di ultimazione. Altrettanto non a caso sotto la lente della Dia sono finite le segnalazioni di presunte operazioni sospette riconducibili alla famiglia Bozzoli: movimentazioni di denaro che porterebbero anche all’estero, triangolazioni di soldi non del tutto chiare da ricostruire nel dettaglio. E che potrebbero essere in qualche modo riconducibili ai contanti che furono ritrovati a casa Ghirardini: circa cinquemila euro, di cui quattromila in banconote da 500 euro. Banconote che sarebbero circolate anche in Austria. Da capire non solo da dove venissero quei contanti, ma anche a cosa servissero: improbabile, pare, potessero rappresentare in quella fase il pagamento delle ore di straordinari in nero. Gli accertamenti finanziari e tributari sugli affari delle società dei Bozzoli sono al primo punto delle costanti riunioni in procura generale con tutte le forze dell’ordine coinvolte, Dia compresa.
Ma non solo. Nelle ultime ore è stata cristallizzata davanti al gip in sede di incidente probatorio — «per il timore che possa subire minacce al fine di non deporre o dichiarare il falso in sede processuale» — la testimonianza della ex fidanzata di uno degli indagati, Giacomo. Che avrebbe confermato quanto già dichiarato negli ultimi due anni: la sua indole violenta, l’odio del ragazzo nei confronti dello zio Mario e la sua più volte manifestata intenzione di ucciderlo. Nel folle piano anche lei, all’epoca compagna, avrebbe avuto un ruolo: guidare la sua auto per far sembrare, all’esterno, che fosse lui. E sostanzialmente dargli un alibi. Sono passati anni, da quel 2011. Ma c’è anche chi agli investigatori avrebbe riferito che nel periodo della scomparsa di Mario Bozzoli, uno degli indagati andasse alla ricerca di armi. Tanto da contattare un pregiudicato per farsene procurare una. Anche questa indiscrezione, ovviamente, è al vaglio della magistratura.
Così come agli atti ci sono le parole delle sorelle di Ghirardini che negano il suo rapporto burrascoso con il capo.
E poi quei camion. Partiti dalla Bozzoli alle 4.30 del 9 ottobre. Uno, più piccolo e di proprietà della fonderia, carico di «panetti» di ottone. L’altro, più grande ed esterno, con le scorie e i residui di lavorazione. Proprio il primo, dopo alcune consegne, fece tappa in officina per la rottura del cambio. Una circostanza tutta da ricostruire.
4 Gli indagati per l’omicidio e la distruzione del cadavere di Mario Bozzoli: i nipoti Alex e Giacomo e gli operai della fonderia di Marcheno Oscar Maggi e Abu
Le spedizioni Uno dei camion partiti dalla Bozzoli il 9 ottobre all’alba si fermò in officina