Boris il magnate russo e l’auto per il minore Ecco i truffatori seriali
I Braidic ancora nel mirino dei carabinieri
Al telefono o di persona si presentava come «Boris», il magnate russo. Altro non era, in realtà, che Marco Braidic, 47 anni, origini slave e una villa a Puegnago, di professione: truffatore seriale dai precedenti ben noti alle forze dell’ordine. I carabinieri di Manerba (in particolare il comandante Marco Fainelli e il suo vice Enrico Mazzurana), con i colleghi di Palmanova, l’hanno ammanettato di nuovo. Recidivo e senza scrupoli. Con lui, in carcere, è finita pure la sorella Roberta, 42. Ai domiciliari, invece, la gemella Gigliola e il nipote Giuseppe, che di anni ne ha 24. Una vera e propria associazione a delinquere, l’ha definita anche il gip Anna Di Martino che ha disposto le misure, nonostante il meccanismo (truffaldino) caratterizzato «da un modesto organigramma e da una struttura non particolarmente sofisticata»: indubbia «la consapevolezza di ciascun associato di far parte di un sodalizio e di partecipare con il proprio contributo alla realizzazione di un programma criminale duraturo».
Una berlina Bmw da 78 mila euro, un trattore, orologi di lusso, pure un appartamento a Bedizzole: bastavano gli annunci online, per truffare potenziali acquirenti o venditori. Salvo che fossero disponibili a «cambiare» denaro in banconote di piccolo taglio: una volta consegnato il denaro nella villa di Boris, a Puegnago, lui si defilava con la scusa di contare i soldi. Mentre ora la sorella ora il nipote intrattenevano e «tranquillizzavano» gli ospiti. Che quel cash, ovviamente, non l’avrebbero più rivisto. C’era sempre un «anticipo» da 5 mila, 7 mila, 12 mila euro da consegnare al magnate russo. Alias Marco Braidic. Che in un’occasione, il 16 ottobre scorso, ha chiamato in causa pure il nipote minorenne. A lui era (apparentemente) destinata una Lancia Y di un venditore che quell’auto l’aveva messa in internet. Presentatosi come «Federico» — non è il suo vero nome — proprio il ragazzino, stando alla denuncia della vittima, avrebbe partecipato alle trattative per la cessione della vettura. Ma dopo poco, con la solita scusa di dover cambiare le banconote di grosso taglio, Marco Braidic si faceva consegnare dalla parte offesa 7.800 euro. Prima di sparire.
Tuti gli indagati sono stati riconosciuti: agivano «secondo un modulo ripetitivo», simile al copione che nel 2013 valse a Marco e Roberta Braidic una condanna per truffa. E nel 2015 altre misure cautelari. Adesso ne è arrivata un’altra.
Le indagini
I carabinieri di Manerba hanno eseguito quattro misure cautelari (due in carcere e due ai domiciliari) per i Braidic
Il gip Indubbia la consapevolezza di ciascun associato di far parte di un sodalizio e di partecipare con il proprio contributo alla realizzazione di un programma criminale duraturo