PIAZZA ROVETTA SE RESTASSE COSÌ?
Ese la lasciassimo così come è? E se ignorassimo tutte le idee spuntate come funghi, nel nobile intento di abbellire la piazza che continuiamo a chiamare Rovetta invece che Largo Formentone? Chi ne soffrirebbe? Niente meridiane, niente giardini pensili, niente sintesi pittoriche di scorci bresciani su quella parete suggerita persino come palestra per rocciatori. Questa l’idea: niente di niente. Scongiurato il pericolo del cubo bianco teniamocela così com’è dai giorni dello sventramento delle case all’ombra della Loggia. Oltretutto non pare di udire folle che invochino decorazioni sulla facciata senza finestre. Negli anni passati ne abbiamo viste di tutti i colori. Ecco la pensilina metallica per ingentilire l’area: doveva proteggere da pioggia e sole gli ambulanti e la merce dei banchetti. Risultò un ombrello inutile. Una volta fatta l’abitudine alla tettoia - si disse che era il segno del nuovo, non mancarono raffronti persino con la piramide nel cortile del Louvre - ecco l’idea bizzarra di rimuoverla e rimontarla in via Corsica nel parco del pescheto. Correva l’anno 2010. Nessun problema per la spesa - giurarono. Pannelli solari sulla tettoia daranno luce al parco facendo risparmiare. Liberata l’area, cacciate le bancarelle, parve idea vincente un casotto addossato alla parete: il teatro di burattini per bambini. A far ridere non furono i «toti» ma fu piuttosto l’idea stravagante. Poi venne il tappeto verde di materiale sintetico che faceva sentir la scossa anche ai cani che lo fiutavano. Con il finto prato vennero le panchine, subito tolte perché usate solo dagli stranieri. Liberata l’area ecco la preoccupazione di metterci qualcosa ad ogni costo e poi di decorare la grande parete. Siamo ancora a parlarne. Di idee ne sono uscite a bizzeffe, ma proprio non sembra che una delle tante abbia accolto unanimi consensi. Da qui la modestissima proposta sussurrata. Lasciamo lo spazio come è ora e come è sempre stato. Non lasciamoci prendere dall’horror vacui. Finita la guerra nello spiazzo si fermavano il venditore di lamette, il mangiafuoco, èl bagulù del löster - Brill era il lucido delle scarpe preferito - e due canterini (marito e moglie) che suonavano, ballavano e vendevano il testo delle canzoni. Intanto, come ad Hyde Park, chi aveva qualcosa sul gozzo poteva sfogarsi davanti ad un piccolo auditorio o chiacchierare con sconosciuti come fanno i milanesi in piazza Duomo. La piazza era viva. Anche senza meridiane, giardini dipinti, eccetera.