Morta in Pakistan, disposta l’autopsia su Sana
Padre, zio e fratello «bloccati» in patria. L’autopsia per capire se sia stata uccisa
La procura di Brescia ha aperto un fascicolo sulla morte di Sana Cheema, 25 anni, originaria del Pakistan, ma cresciuta nel Bresciano e con cittadinanza italiana. La giovane è morta nel suo paese d’origine in circostanze che devono ancora essere chiarite. Anche in Pakistan si sta indagando: padre, fratello e zio avrebbero ricevuto il divieto di lasciare il paese e l’autorità giudiziaria ha messo sotto sequestro la tomba della ragazza e disposto l’autopsia per stabilire la causa esatta della morte. Il padre sostiene di aver soccorso la figlia per un malore e di averla portata al- l’ospedale, quando ormai non c’era più nulla da fare. Avrebbe anche mostrato un certificato di morte per cause naturali. Ma la madre e anche gli amici rimasti a Brescia accusano i familiari di averla uccisa perché si era ribellata a un matrimonio combinato.
Ci sono i certificati medici (e persino un referto di morte, reso noto dalla famiglia), trasmessi dai referenti della comunità pakistana di Brescia, che attesterebbero i suoi problemi di salute e un malore che non le ha lasciato scampo. E un accesso al pronto soccorso del Mangowal Surgical Hospital, l’11 aprile scorso, per la pressione bassa. Ci sono anche le parole del segretario nazionale Raza Asif: «In Pakistan è stata aperta un’inchiesta per capire cosa sia realmente successo». Perché poi ci sono le accuse della madre, Nargis, che punta il dito contro il marito e il fratello per la morte della figlia: «L’hanno uccisa loro».
Sana Cheema è morta — in circostanze misteriose — a 25 anni là dove è nata e cresciuta per i primi sei anni della sua vita: nel distretto di Gurjat. E in serata ecco anche la nota del portavoce dell’associazione Pak Brescia, Jabran Fazal: «La polizia ha formalmente iniziato le indagini a seguito delle notizie circolate. Risulta che il padre Ghulam Mustafa, il fratello Adanan e Mazhar Iqbal Pasran insieme ad altri la notte del 18 aprile 2018 hanno ucciso e simulato la morte naturale di Sana, poi l’hanno seppellita. Attendiamo sviluppi in quanto Sana era una di noi e non possiamo dimenticarla».
Nel 2012 si era trasferita in città (da Verolanuova) dove viveva e lavorava. Un piccolo appartamento (in cui ora vive un ragazzo tunisino che con il padre di Sana avrebbe parlato sabato al telefono: «Lui era qui fino a tre settimane fa») e un ufficietto di pratiche automobilistiche per aiutare i connazionali e non solo a prendere la patente. E poi lui, un fidanzato pakistano con cui secondo alcuni amici aveva progettato di trasferirsi in Germania contro la volontà del padre che per questo l’avrebbe punita — si dice infatti che la ragazza dovesse sposarsi in Pakistan con un uomo scelto da lui — e che, come Sana, aveva ottenuto la cittadinanza italiana. Un particolare, questo, che ha spinto anche la procura a volerci vedere chiaro sulle circostanze nelle quali questa ragazza è venuta a mancare. Sarà aperto un fascicolo «per atti relativi alla morte di Sana Cheema in modo da procedere con gli accertamenti del caso, necessariamente delegati al ministero degli Esteri e agli uomini dell’Interpol.
Dopo essere stati interrogati in patria il padre, lo zio e il fratello di Sana sono liberi. Ma «non possono lasciare il territorio del Pakistan. E la zona dove la ragazza è stata sepolta è sotto sequestro»: a renderlo noto è stato proprio il segretario nazionale della comunità pakistana in Italia, Raza Asif. Non solo. Proprio per fugare ogni dubbio, «sarà eseguita l’autopsia» sul corpo di Sana Cheema, per stabilirne le cause della morte.
Uno dei suoi ultimi messaggi l’ha scritto al padre di uno dei ragazzi (italiani) a cui dava lezioni per la patente. È datato 18 gennaio scorso. «Scusami ma devo partire urgentemente per il Pakistan, se tutto va bene ci vediamo tra un paio di mesi, per ora dobbiamo sospendere le lezioni mi dispiace». Pare che ad alcuni conoscenti avesse detto: «Parto, vado a sposarmi». Ad altri: «È nata una nipotina, vado a trovarla». Una vicina la vide con il trolley: «Destinazione Barcellona» le avrebbe riferito. Per ora, nessuna certezza.