Docenti, l’idea di una «polizza» per la paura del bullismo
Il caso Cfp Zanardelli: «Dialogo costante con le famiglie e i ragazzi»
«Ricordo un insegnante che era di fatto vessato dagli alunni. La classe prevaricava e lui non riusciva nemmeno a fare lezione». Quello che Luisa Treccani, della segreteria Cisl, racconta è l’episodio più grave che sarebbe avvenuto nelle scuole bresciane. Un caso di bullismo collettivo, che però sembra confinato nell’eccezionalità della vicenda. Questo però non deve adombrare il fatto che l’indisciplina degli studenti e il mancato rispetto nei confronti dei docenti siano diffusi anche nella nostra provincia. «Purtroppo non mancano nemmeno da noi. E tuttavia — dice Treccani — mai si sono verificati episodi così gravi come quello registrato a Lucca», con gli alunni che insultano il professore. E lo minacciano: una vergogna nazionale. In classi sempre più affollate, come oggi, le tensioni aumentano.
Non c’è da stupirsi, quindi, se il sindacato «Gilda degli insegnanti» sta valutando di proporre ai propri iscritti una polizza. «In Francia è già realtà. E il moltiplicarsi in tutta Italia dei casi di aggressione verbale e di tensione — spiega Gianluigi Dotti — ci ha spinto a riflettere sull’idea di una polizza. Stiamo ragionando se proporla. Ma, eventualmente, lo faremo agli iscritti di tutte le province, Brescia compresa».
Su un punto i sindacati sono tutti d’accordo: alla base del bullismo, qui come altrove, c’è il mancato rispetto dell’autorità dell’insegnante, humus per comportamenti sempre più sfidanti. Amplificati da internet e dalla presenza ubiquitaria dei cellulari. Non bisogna generalizzare, ma ciò che si nota un po’ dappertutto — dai licei ai centri di formazione professionale — è lo sfilacciarsi della storica «alleanza tra scuola e famiglia. Quando i genitori difendono il figlio nonostante i richiami espliciti dei docenti — spiega ancora Treccani — viene meno il patto educativo». Un «cortocircuito» che secondo la rappresentante sindacale genera grosse difficoltà, sia a livello didattico che educativo. Lo studente che si sente spalleggiato è portato a non ragionare sul proprio errore, ritenendo che chi glielo imputa non sia poi così credibile. Anzi. «La società iperprotettiva — sostiene Treccani — non aiuta».
C’è poi da considerare il cyberbullismo, un fenomeno «che preoccupa gli insegnanti e coinvolge anche le ragazze». I litigi e le prevaricazioni tra compagni, se perpetrati in cortile, ricadono sotto gli occhi del docente; quelle messe in atto e diffuse invece grazie agli smartphone e a YouTube hanno un potenziale ben peggiore. Risultato: «Si può marginalizzare un compagno senza che nemmeno un professore se ne accorga» ragiona Luisa Treccani. Di base, poi, non aiuta nemmeno il fatto che le classi siano sempre più numerose. Significa che i professori si ritrovano a insegnare in ambienti dove è sempre più difficile farsi ascoltare e mantenere alta la concentrazione degli alunni. Senza dimenticare la presenza, sempre nelle classi, di alunni con problematiche non certificate, per cui non vengono assegnati gli insegnanti di sostegno al loro fianco.
Sono tanti i problemi che ogni giorno i docenti devono affrontare, dalla gestione della didattica agli episodi di aggressione verbale. Una delle situazioni più complesse si ritrova nei Centri di formazione professionale. Lo stesso Fabio Capra, esponente del Partito democratico e per anni direttore operativo in un Cfp della provincia, non ricorda alcun episodio grave né di violenza, ma conferma che si tratta di «un ambiente più difficile di altre scuole». Ci sono ragazzi che altrove non trovano spazio e che nei Cfp invece vengono accolti. Allo Zanardelli di Brescia studiano duemila alunni: «C’è un dialogo costante con le famiglie, la situazione è sotto controllo» sostiene Alberto Martinuz, presidente del Cda della scuola di via Gamba.
La strategia è quella di intercettare i problemi prima che si presentino. Un lavoro di prevenzione che poggia sopra «attività di formazione e sensibilizzazione su temi chiave come il cyberbullismo, la privacy, il valore della legalità». Una rete composta da scuola, prefettura, polizia postale e polizia di Stato permette ai ragazzi di approcciarsi a queste tematiche con la serietà che questi argomenti possiedono. «Così — dice Martinuz — ragioniamo sul senso di responsabilità. E spieghiamo ai ragazzi che dai 14 anni in su si inizia a rispondere anche penalmente» delle proprie azioni.
Le cause Per la Cisl si sta sfilacciando l’alleanza storica tra la scuola e il nucleo famigliare