La fiducia secondo Michela Marzano
Per la filosofa «è una risorsa e rappresenta un motore sociale, ma chi la tradisce genera paura»
Michela Marzano ha un curriculum lungo così. Docente di filosofia morale all’Université Descartes della Sorbona a Parigi, scrittrice e saggista, prestata alla politica (la definizione è sua) per contribuire alla riflessione critica sui temi legati alle discriminazioni di genere, ai diritti e alla libertà individuale. Una filosofa moderna, dall’aria sbarazzina ma dalle convinzioni solide, assolutamente certa che la filosofia abbia ancora una ruolo nella nostra società: quello di farci pensare. Sabato 28 aprile alle 20.45 sarà ospite del Festival Oltreconfine nella sala civica del Comune di Angolo Terme, dove terrà una lectio sul tema «Dare la propria fiducia. Aspettative, dipendenza e riconoscimento».
Filosofia e fiducia: quale relazione intercorre oggi?
«Senza fiducia non si può nemmeno immaginare di riflettere sulle relazioni umane. E la filosofia, che aiuta a sfruttare il ragionamento e la riflessione per comprendere, è strettamente connessa alla fiducia. Non a caso io insegno filosofia morale: la fiducia è proprio uno dei temi su cui lavoro».
Che cos’è la fiducia?
«Sta alla base del vivere insieme. Dell’io e del tu. Senza fiducia, non esiste relazione». Come la definirebbe?
«Un dono. Anzi, citando il filosofo e sociologo Georg Simmel, la fiducia corre in parallelo con la fede. È un atto di fede. Noi “crediamo” in qualcuno quando gli diamo la nostra fiducia. Gliela offriamo perché abbiamo fede in lui».
Che meccanismo si crea con l’atto della fiducia?
«È un vero e proprio salto nel buio. Perché nel momento in cui diamo fiducia, accettiamo implicitamente anche la dipendenza dall’altro. Ma non sappiamo come andrà a finire. In fondo, compiamo una scommessa».
È un investimento?
«Un investimento e anche una risorsa. Possiamo suscitare l’affidabilità altrui. Ma certo, la fiducia è anche pericolosa: chi è depositario della nostra fiducia, può non essere all’altezza delle aspettative e deluderci. Per superare la paura, dobbiamo pensare invece al suo aspetto “produttivo”».
Cosa provoca la paura dell’altro?
«È un fenomeno di tipo storico: si crede poco nella politica, non si ha fiducia nei rapporti personali. E così si crea la diffidenza. Ci si rifugia in un universo chiuso che provoca uno stato di paralisi. È il venire meno della fiducia».
Da che cosa dipende questa diffidenza?
«È il risultato di un tradimento. Pensiamo alla crisi economica e al caso dei mutui subprime, in America: siamo stati traditi. Quindi, abbiamo iniziato ad avere paura, lasciando che si affermassero individualità ed egoismo. Sentiamo dire “pensa a te stesso non agli altri”. Passa il messaggio che per avere successo non devi affidarti».
Spesso lei cita la “vulnerabilità”: come si ricollega alla fiducia?
«La vulnerabilità non va rinnegata. Noi cerchiamo di rimuoverla, perché temiamo di essere feriti. Essere vulnerabili ci rende indifesi. Ma in questo modo evitiamo alla fiducia di instaurarsi».
Come si alimenta il meccanismo della fiducia?
«La fiducia è fondamentale: va costruita piano piano ma poi genera legami. E bisogna cominciare dai più piccoli. Avere fiducia in loro, farli sentire sicuri. Dobbiamo ripartire dai giovani».
Cosa produce l’affermazione della fiducia a livello sociale?
«Il rifiorire dei legami, ma anche lo sviluppo, la cooperazione. La fiducia è un motore sociale. Nasce all’interno di una relazione e si propaga». Ma come si mantiene viva? «È un atto continuo, che in quanto tale deve essere rinnovato. Ma senza fiducia non ci si muove».
E la filosofia a cosa serve? «A suscitare discernimento, capacità critica e ragionamento. Aiuta a opporsi al conformismo del pensiero. La filosofia aiuta a trovare le parole e a nominarle. E così ci dà i mezzi e gli strumenti per realizzare i nostri progetti».
Diffidenza «La paura dell’altro è un fenomeno che genera sfiducia nella politica e nei rapporti personali»