SCUOLA, IL LAVORO CHE C’È DA FARE
Sono state elette la scorsa settimana le rappresentanze dei lavoratori nelle scuole e nelle università. Un appuntamento che, solo in Lombardia, ha riguardato quasi 1.200 scuole, 7 atenei, 19 tra enti di ricerca e conservatori, circa 200.000 lavoratori: eppure, in questa stagione postideologica, la definizione di rappresentanza sindacale unitaria appare un reperto storico del secolo passato e il dato della partecipazione al voto è un parametro interessante. Probabilmente in questo settore più che in ogni altro il sindacalismo confederale ha mostrato i suoi limiti, spesso tentato da pregiudizi filo o antigovernativi, da contrapposizioni corporativistiche con la dirigenza, da difese di privilegi acquisiti. Errori che ha pagato, in termini di adesioni e la scuola, dicono i dati diffusi proprio ieri, rimane il settore che ha fatto la fortuna dei sindacati autonomi. Ma nel mondo della scuola le rappresentanze sindacali unitarie avranno molto da lavorare. A tre anni dall’approvazione della legge 107 e ormai ad un anno dalla pubblicazione dei suoi otto decreti attuativi, il contenzioso con l’amministrazione si è spostato su questioni che esigono attenzione più agli ingranaggi che alla macchina: precari, mobilità, graduatorie, per citare solo i capitoli emergenziali, necessitano di un’interlocuzione quotidiana e robusta. Sollecita poi una considerazione più ampia la recente firma della pre-intesa sul Contratto nazionale: la vertenza è stata usata come arma impropria per smontare la 107, almeno nei suoi risvolti più critici. L’annullamento della chiamata diretta e del «bonus premiale» ha riportato alle sedi negoziali la parte più rilevante della gestione del personale: ciò che la mancanza di equilibrio non aveva concesso all’atto dell’approvazione della Buona Scuola, è uscito dal combinato disposto tra pressione sindacale e demagogia preelettorale governativa. Come a dire: un esito positivo da un iter perverso. Tant’è, ma si tratta solo di una premessa; da oggi quello spazio va riempito in sede locale di contenuti, con il buon senso e la disponibilità al confronto che recentemente hanno difettato su tutti i versanti. Se la scuola è uscita dai riflettori della politica nazionale (ne avete sentito parlare in campagna elettorale?), la soluzione non è delegabile allo scontro/incontro tra docenti e dirigenti, scuola per scuola. Tra la democrazia rappresentativa in crisi e la democrazia diretta tutta da inventare, c’è ancora la democrazia partecipata e le nuove Rsu possono fare molto in proposito.