Sana, riesumato il corpo Nessun segno di violenza
Presi campioni per l’autopsia. Per i media pakistani nessun arresto
Il corpo di Sana Cheema, la 25enne italopakistana, morta in patria il 18 aprile, è stato riesumato ieri. Fonti investigative rivelano che non ci sarebbero segni evidenti di violenza. Nel frattempo, in attesa di risposte certe dall’autopsia sulla causa della morte, restano indagati per omicidio e occultamento di cadavere il padre, il fratello e lo zio. Secondo i media pakistani i tre non sono stati arrestati.
Sul suo corpo non ci sarebbero segni evidenti di violenza. Ma solo l’autopsia potrà chiarire le cause (certe) della sua morte: se un malore fatale, come sostiene la famiglia, o l’avvelenamento, come invece sospettano anche gli inquirenti, oltre che gli amici di una vita. Quelli che Sana Cheema, 25 anni, la aspettavano qui, a Fiumicello, dove da anni viveva e lavorava. Ma sul volo che dal Pakistan (nel distretto di Gujrat) avrebbe dovuto riportarla in Italia, il 19 aprile scorso, lei non è mai salita. Vittima di un delitto d’onore, il sospetto anche della polizia che sta indagando sul caso, perché avrebbe rifiutato un matrimonio combinato in patria, con un uomo scelto per lei secondo tradizione. Scatenando, quindi, la furia violenta del padre Ghulam Mustafa, che l’avrebbe uccisa insieme al figlio Adnan Cheema e a uno zio della ragazza, Mozar Iqbal, con la complicità di un cugino (presunto autista per il trasporto del corpo di Sana): ma tutti e tre, per i media pakistani, ad oggi non risulterebbero formalmente arrestati.
Cadavere che in mattinata, come disposto dagli investigatori locali, è stato riesumato affinché si procedesse con l’autopsia. Sul posto, oltre al magistrato incaricato di seguire la vicenda, un team di anatomopatologi incaricati del prelievo degli organi. «Ulcera cronica e ipotensione» la versione ufficiale della famiglia di Sana sulla sua morte. Certificata da un referto la cui veridicità è al vaglio degli inquirenti. «La polizia ha prelevato alcuni campioni dal suo stomaco e li ha inviati al laboratorio per l’esame forense» ha riferito l’ufficiale di polizia Asad Gujjar. Komal Ishaq, il medico che ha coordinato il prelievo, ha dichiarato che «al momento non si può dire nulla riguardo alla morte della ragazza. Si dovrà attendere il risultato della autopsia che può durare da due settimane a tre mesi».
Origini pakistane e cittadinanza italiana, Sana è morta il 18 aprile. E la sera dopo i suoi parenti (anche secondo la testimonianza di un dipendente del cimitero), si sarebbero «affrettati» a seppellirla, peraltro senza autorizzazione. E in un luogo lontano da Mangowal, dove sono sepolti gli altri parenti.
Alla polizia (che ha sequestrato il telefonino di Sana) il padre della ragazza ha ribadito che la figlia sarebbe morta «per cause naturali» legate a problemi di salute durante il tragitto verso l’ospedale di Gujrat. Eppure Mustafa assicura: «Non ci eravamo opposti al suo desiderio di stare con un ragazzo pakistano che viveva in Italia» (e con lei sarebbe stato per un periodo in patria). E che però una moglie ce l’avrebbe già. E Sana l’avrebbe scoperto. Lei, il suo biglietto di ritorno, ce l’aveva pronto. Ma non è più rientrata.