Profughi, accordo con il Terzo settore: via dagli alberghi
Le presenze in città sono diminuite da 717 a 609
Mentre in città cala il numero dei profughi rispetto all’anno scorso (-15%), gli alberghi che avevano dato ospitalità escono dalla partita: continua l’opera di svuotamento e sotto la regia della prefettura, il Comune e il Terzo settore lavorano per ampliare quei percorsi che vedono i richiedenti asilo impegnati in lavori utili.
Da adesione volontaria a obbligo di legge: l’auspicio del sindaco di Brescia è che «la normativa evolva» e che ogni richiedente asilo sia costretto a svolgere lavori di pubblica utilità. «Non è una questione di corrispettivo economico, ma del senso della restituzione alla comunità ospitante» ha detto Emilio Del Bono.
E mentre in città cala il numero dei profughi presenti rispetto all’anno scorso (-15%), gli storici alberghi che avevano dato ospitalità ai profughi escono dalla partita: continua l’opera di svuotamento del Mille Miglia, non sarebbe stata rinnovata la convenzione con l’hotel Solferino e anche l’albergo Milano (via Vallecamonica) non avrebbe superato le regole di ammissione dell’ultimo bando. In attesa che diventi ufficiale la lista degli attori che a settembre hanno partecipato alla gara, prosegue silenziosa l’opera di integrazione dei 2.800 profughi al momento ospiti nella nostra provincia. Sotto la regia della prefettura, il comune di Brescia e le realtà del terzo settore lavorano per ampliare quei percorsi che vedono i richiedenti asilo impegnati in attività di pulizia dei cimiteri e del verde pubblico, in una serie di lavoretti che presto potrebbero cominciare anche all’ex polveriera di Mompiano. «Alcuni sono già iniziati, altri verranno individuati. In ogni caso — spiega il portavotegrazione ce del Forum del terzo settore, Dante Mantovani — quelle svolte dai profughi sono attività aggiuntive, non sostitutive». Tradotto, «non portano via il lavoro a nessuno». L’obiettivo è trasformare queste attività in una forma di in- e, allo stesso modo, in un «mezzo» per conoscere il contesto sociale in cui i profughi vivono.
È in quest’ottica che ieri è stato firmato un protocollo d’intesa tra la Loggia, le associazioni e le cooperative che siedono al tavolo del Forum del terzo settore e il prefetto Annunziato Vardè. Per lui, l’accordo rappresenta «un passo avanti importante”, in grado di coniugare l’attività di “pubblica utilità” con quella “educativa”. Questa cabina di regia nasce per «sensibilizzare i gestori» in modo da moltiplicare le attività di pubblica utilità e avviare «percorsi più rigorosi».
Se con l’asilo Pampuri, che ospita 300 profughi, questi accordi erano già in essere, è pur vero che ci sono alcune associazioni e cooperative che potrebbero aggiungersi. E gli albergatori, invece? «Non svolgono alcuna funzione sociale» ha detto ieri il sindaco Del Bono, auspicando che non siano più protagonisti nella gestione dei richiedenti asilo. Posizione ferma, la sua, anche sui profughi che delinquono («vanno espulsi»). I recenti arresti di dieci stranieri per spaccio di droga in un parco di Brescia (tra cui forse alcuni richiedenti asilo) hanno acuito le discussioni sull’accoglienza. Per integrarsi, il lavoro sembra essere la strada più efficace.
«Anche io sarei favorevole a rendere obbligatori i lavori di pubblica utilità» ha detto ieri Dante Mantovani (Terzo Settore).
Intanto, grazie a una riduzione degli sbarchi — finora sono arrivati diecimila profughi in tutta Italia contro i 37 mila dell’anno scorso — la prefettura è riuscita a far calare i numeri dei richiedenti su Brescia: da 717 a 609. Ma all’appello manca ancora l’estate.