Reati «urgenti» È polemica tra giudici e legali
Priorità per alcuni processi. I legali: così si fa politica giudiziaria
Il principio è semplice: determinare delle priorità che individuino processi e reati che meritano una corsia preferenziale nella definizione. Per i giudici è dare efficienza al sistema, per gli avvocati è fare politica giudiziaria. Ed è polemica.
Castelli Non può esaurirsi tutto a una questione cronologica: valuteremo nuovi parametri
Pagina 15 della sua relazione per l’Anno giudiziario: «Se riuscissimo a fare una migliore selezione dei fatti, una adeguata scelta dei canali processuali e quindi tempi più rapidi, avremmo un risultato migliore per tutti». Non solo. Perché nella logica in cui «bisogna spostare l’ottica dalle statistiche alla qualità del sistema», il presidente della Corte d’appello Claudio Castelli ricorda che ci stanno provando, lui e i colleghi degli uffici giudicanti e requirenti: «Con l’approvazione, dopo un ampio e serrato confronto, delle linee guida per la trattazione dei procedimenti penali di primo e secondo grado». Un confronto che però registra il sonoro «dissenso» dell’Ordine degli avvocati. «Il nostro codice è chiaro. E non crediamo spetti agli uffici distrettuali fare scelte di politica giudiziaria», ribatte il presidente, Luigi Frattini.
Nel documento la premessa ricorda proprio l’articolo 132 bis del codice di procedura penale, che definisce le così dette priorità «legali»: gravità del reato e allarme sociale, status dell’imputato, rito adottato (e tempi di prescrizione). Ma per i vertici del Palagiustizia non sono tutte quelle possibili: da qui, ecco nero su bianco alcuni «criteri di priorità convenzionali» in base «al contesto territoriale, all’attenzione e all’impatto che alcuni reati possono avere sulla popolazione e alla tutela di interessi collettivi» specifici. Affinché «non si esaurisca tutto a una questione meramente cronologica, o che dipenda dalla sensibilità di pm o giudici» spiega Claudio Castelli, protocollo alla mano, valido per tre anni. Nell’elenco ecco che allora compaiono i processi per i reati tributari, ambientali e urbanistici; per i delitti contro la pubblica amministrazione, le cause di mantenimento dopo il divorzio o per colpa professionale. E ancora: i procedimenti per evasione fiscale, sottrazione di minori, per lesioni da colpe professionali. O in violazione al codice della strada, come «la guida in stato di ebbrezza o l’omicidio stradale». «Si è ragionato sui tipi di illeciti che si verificano qui, nel nostro contesto. Ma anche e non da meno sulla percezione di gravità che la gente ne ha» rileva il presidente.
«La scelta dei reati che devono avere una trattazione prioritaria, essendo appunto espressione di politica giudiziaria, compete solo al potere legislativo», ribadisce invece il presidente degli avvocati bresciani, Luigi Frattini. Ritenendo, pertanto, «che i processi relativi a tutti i reati diversi da quelli indicati dalla norma di attuazione del codice dovrebbero essere svolti proprio secondo un criterio cronologico determinato dalla loro iscrizione».
A sollecitare la firma delle linee guida, un anno fa, «un problema a Bergamo: furono ridotte le udienze per mancanza di personale, cosa che rese la selezione delle cause inevitabile», dice Castelli. Le linee guida indicano, per la prima volta, a livello indicativo, anche «la capacità di definizione all’anno nei diversi tribunali»: 4 mila a Brescia — «ma le abbiamo già superate» — 3500 a Bergamo, 1250 a Mantova e 1150 a Cremona. E adesso è ora di mettere sul tavolo le prime valutazioni, in modo da «introdurre ulteriori aspetti», anticipa Castelli. Come «il tasso di assoluzione, perché se le prove sono dichiarative si rischia in buona fede di creare un sistema che macina acqua; l’esito dei procedimenti anche in appello e la percentuale di impugnazioni». Insomma: «Dopo un anno la soluzione è migliorata, ma ancora troppo poco».
«I numeri hanno un peso: abbiamo un obbligo di resa nei confronti dei cittadini», risponde il presidente della Corte d’appello agli avvocati («che temono troppa discrezionalità»). Anche perché sia chiaro: «I ruoli sono tendenzialmente decisi con una quota di processi che rientrano nelle priorità legali e una residua di altri procedimenti. Per garantire equilibrio». Primo obiettivo: «Definire le cause». Per ora, in sede di esecuzione penale i procedimenti pendenti sono 3500 («quindi non posso farne sopraggiungere altri»), 6000 in generale: «In due anni li possiamo smaltire, anche con udienze straordinarie. Ma rischiando poi un blocco in sede di esecuzione? Non ha senso. Il problema tempo è pericoloso, può danneggiare la qualità del lavoro». Sicuro è che «l’arrivo di nuovi magistrati e assistenti può essere l’occasione di cambiamenti positivi».