Vanni, il «Kaso Kellan» e i segreti inconfessabili di una Milano noir
La cronaca nera è da sempre uno straordinario specchio scuro della realtà, nonché una palestra per giornalisti investigativi di penna affilata. Lo conferma Franco Vanni, cronista di giudiziaria per la Repubblica, che passa i suoi giorni tra tribunali e procure e ci consegna fuori orario di servizio un thriller appassionante, a riprova che la vita può diventare un’arte. Il caso Kellan (Baldini+Castoldi, pp. 323, euro 17,00) appartiene al repertorio classico, ma non si nega l’originalità di uno stile fluido e di invenzioni smarcanti.Una Milano d’oggi e da inverno boreale, coperta da una neve tignosa, che ha l’unico vantaggio di congelare le tracce ematiche. Steno Molteni, ventisei anni, cronista di nera del settimanale La Notte, che vive in albergo e arrotonda lo stipendio come barman, viene informato dal suo amico poliziotto, alias Scimmia, che il diciannovenne Kellan Armstrong, figlio del console americano, è morto in circostanze misteriose. La polizia procede con riserbo e applica la sordina, data la delicatezza istituzionale del caso, mentre Steno ha le dritte ad hoc e imbocca la pista giusta. La scena del crimine è ambientata nella «fossa» davanti alla Triennale, meta del cruising (incrociarsi: ve lo ricordate l’omonimo film con Al Pacino?) dove una banda di giovani omofobi ha deciso di compiere il suo raid punitivo. Fuori dai radar e in parallelo si muove Han, cuoco vietnamita che lavora per la Cia ed è il più implacabile dei segugi. Tutto risolto, dunque? Non proprio. Vanni tiene le fila con ritmo e maestria, dando un ruolo da protagonista a Milano, riflettendo sulla verità, che spesso è fornita addomesticata, scolpendo personaggi di contorno che non si dimenticano. Oggi alle 18 alla Libreria Tarantola presenta il suo libro.