Solaris, con il Ctb la fantascienza filosofica
Fabrizio Sinisi del Ctb ha adattato la pietra miliare della fantascienza «poi lavorerò a Guerra santa»
Perché andare nello spazio e scoprire altri pianeti, quando non riusciamo ancora a conoscere noi stessi e non abbiamo neanche meditato abbastanza sulla nostra identità (lo spazio interiore è oscuro quanto io cosmo) o sul miracolo della natura terrestre? Sono queste le domande che rimbalzano da Solaris, romanzo scritto da Stanislaw Lem nel 1961 e tradotto sul grande schermo nel 1972 da Andrej Tarkovskij, un capolavoro bistrattato nell’Urss di allora e amatissimo fuori, senza dimenticare il discusso remake (o riadattamento?) di Steven Soderberg del 2002 con George Clooney.
Solaris, pietra miliare della fantascienza filosofica, viene portato ora sul palcoscenico nell’adattamento di Fabrizio Sinisi, drammaturgo residente del Ctb, che presenta la sua nuova produzione, l’ultima di questa stagione (in attesa dell’estate) in collaborazione con Scenaperta Altomilanese Teatri: stasera e domani alle ore 20.30 Teatro Santa Chiara Mina Mezzadri di Brescia.
Nella stazione spaziale in orbita intorno al pianeta Solaris accadono strani incidenti. Un celebre psicologo giunto in perlustrazione scopre che in quello spazio lontano tutte le immagini sepolte nella memoria degli astronauti si materializzano. Questo è solo l’inizio di un viaggio ipnotico e mentale.
Imprescindibile il riferimento a Tarkovskij, ma si può conciliare la visionarietà del cinema con la scatola scenica: due mezzi non proprio commensurabili?
« L’ada t t amento cerca di valorizzare quello che il teatro non può fare rispetto al cinema. Ho cercato tradurre quella che nel film è una suggestione visiva e lirica (il regista russo vede in Solaris una metafora del mistero delle cose) nel correlativo linguistico della poesia con riscritture di brani classici sul viaggio (per esempio: Le voyage di Baudelaire). Solo la poesia può infatti esprimere il mistero ineffabile delle immagini. E nel contempo attraverso le immagini ci si interroga su ciò che è reale e ciò che non lo è».
Negli ultimi anni il teatro attinge molto dal cinema. Prima era il contrario. Come mai?
« È una tendenza salutare, significa che il cinema è entrato come forma d’arte nell’immaginario degli artisti. I teatranti hanno sempre succhiato storie da tutte le altre arti: pensi a Shakespeare. Questo ci fa capire che il cinema è riconosciuto come linguaggio espressivo, mentre nel ‘900 era prodigio della tecnica, intrattenimento».
La sua figura di drammaturgo residente per tre stagioni: dopo Solaris, quali sono i progetti?
« Sto lavorando per la prossima stagione a un progetto sul terrorismo islamico. Guerra santa è il titolo, in cui prendo in esame il conflitto padri e figli nell’ultima generazione di immigrati. Una generazione di giovani che non sono ancora europei e non sono più arabi, contrassegnata da una mancanza di paternità non solo biografica, ma culturale. La loro è una condizione di estraneità che porta al nichilismo. E come già insegnava Dostoevskij, il terrorismo è un frutto proprio del nichilismo».
Gli interpreti sono Debora Zuinnel, Giovanni Franzoni e Antonio Rosti, regia di Paolo Bignamini. Biglietto intero euro 10.