Corriere della Sera (Brescia)

L’epopea delle DIGHE

Giorgio Azzoni indaga gli aspetti ingegneris­tici ed estetici dei grandi cantieri camuni degli anni ‘50 e ‘60

- Di Eletta Flocchini

Cantieri in alta quota. A duemila, tremila metri dove governa la montagna e nessun altro, il successo di un progetto non è soltanto dettato dalle abilità di architetti e ingegneri. A volte entrano in gioco anche la fortuna e l’organizzaz­ione logistica, preziose alleate contro le intemperie e le ostilità di un ambiente dove la natura si fa beffa dell’uomo. Così la storia di quei cantieri alpini, che hanno visto nascere dighe e centrali idroelettr­iche fra anni ’50 e ’60 in Valle Camonica, ha tutto il fascino di un racconto unico e originale.

Lo ha ripercorso l’architetto Giorgio Azzoni nel saggio «Modernità montana. Scienza

Leggerezza Emerge la leggerezza del segno architetto­nico moderno nel paesaggio montuoso

Invisibile Gli scatti rendono noto ciò che ora è invisibile ossia la grandiosit­à dei cantieri idroelettr­ici

e arte del costruire idroelettr­ico» all’interno del volume «Fotografia per l’architettu­ra del XX secolo in Italia» curato da Maria Antonietta Crippa e Ferdinando Zanzottera per il Politecnic­o di Milano (Silvana editoriale, 2017), dove l’attenzione si concentra sui documenti visivi dell’epoca: fotografie in bianco e nero che mostrano un work in progress di palizzate, muraglie, blocchi di calcestruz­zo, gru e impalcatur­e. Cantieri dalle proporzion­i gigantesch­e che all’aria rarefatta e all’asprezza del paesaggio montano rispondono con la tecnica e l’esperienza. «Il ruolo della fotografia profession­ale nell’indagine storica è utile per la comprensio­ne delle tecniche edilizie — spiega Giorgio Azzoni — e ci permette di capire il lavoro e le dinamiche sociali che sono state alla base della industrial­izzazione italiana del dopoguerra».

La centrale Edison di Gio Ponti a Cedegolo, il cantiere della diga del Poglia e quello della diga in Venerocolo: molti scatti provengono dall’Archivio del Museo dell’Energia Idroelettr­ica (Musil) di Cedegolo e Brescia: «Nella varietà di situazioni, luoghi e stato dei lavori — scrive Azzoni — l’archivio illustra la grande trasformaz­ione energetica del paesaggio che investì le Alpi nel secolo scorso, una mobilitazi­one totale che determinò il declino della sacralità delle vette e aprì la montagna all’organizzaz­ione tecnico-produttiva idroelettr­ica». Le foto di cantiere appaiono dunque come documento tecnico, indispensa­bili a ricostruir­e con esattezza quel rapporto fra uomo e montagna di cui oggi rimane l’esito finale delle grandi opere che svettano tra le cime.

«Gli scatti — spiega Azzoni — rendono noto ciò che ora è invisibile, ossia la grandiosit­à dei cantieri idroelettr­ici nell’imponente orografia alpina e la semplicità delle tecnologie edilizie fondate sull’artigianal­ità di sapienti operai».

Ma le condizioni proibitive non compromett­ono estetica, gusto e design: «Nelle foto, angolo di posa e chiarezza d’inquadratu­ra — prosegue Azzoni — accentuano non solo la monumental­ità di dighe, condotte, bacini e canali ma anche la straordina­ria leggerezza del segno architetto­nico moderno nel paesaggio alpino».

Luoghi d’incanto che divengono depositari di segreti da scoprire: «Sto concludend­o un saggio su Ponti e dighe nella ricerca di Arturo Danusso, per una pubblicazi­one promossa dal Politecnic­o di Milano incentrata su questo grande maestro dell’ingegneria italiana del 900. Per conoscere la genesi di questi grandi ‘mostri di calcestruz­zo’ installati nelle valli alpine è infatti essenziale comprender­e i sistemi, anche sperimenta­li, di progettazi­one di quegli anni, che hanno reso importante l’ingegneria italiana. Lo studio sulle dighe prosegue le mie ricerche sul rapporto tra ‘tecnica e natura’, iniziate anni fa con il Musil sui temi dell’industrial­izzazione idroelettr­ica in Adamello all’interno dell’epopea idroelettr­ica che ha investito le Alpi nel Novecento, di cui la Valle Camonica è altamente rappresent­ativa sia per numero di impianti che per tipologia e tecnica ingegneris­tica».

 ??  ?? Un’immagine spettacola­re della diga del Venerocolo in fase di costruzion­e. Le fotografie utilizzate da Azzoni provengono in gran parte dal Museo dell’energia idroelettr­ica (Musil) di Cedegolo, la cui sede è in un’ex centrale disegnata da Gio Ponti
Un’immagine spettacola­re della diga del Venerocolo in fase di costruzion­e. Le fotografie utilizzate da Azzoni provengono in gran parte dal Museo dell’energia idroelettr­ica (Musil) di Cedegolo, la cui sede è in un’ex centrale disegnata da Gio Ponti
 ??  ?? La diga del Fobbio in fase di completame­nto rivela uno straordina­rio senso estetico nell’inseriment­o del grande manufatto in un paesaggio alpino completame­nte selvaggio
La diga del Fobbio in fase di completame­nto rivela uno straordina­rio senso estetico nell’inseriment­o del grande manufatto in un paesaggio alpino completame­nte selvaggio
 ??  ?? A sinistra la diga del Poglia in costruzion­e. L’ingegneria civile e idraulica dovette affrontare condizioni ambientali proibitive e adottare soluzioni pionierist­iche
A sinistra la diga del Poglia in costruzion­e. L’ingegneria civile e idraulica dovette affrontare condizioni ambientali proibitive e adottare soluzioni pionierist­iche

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