Corriere della Sera (Brescia)

Il futuro dell’Europa per Van Parijs

Il filosofo Van Parijs venerdì a Brescia per Ccdc e Fondazione Trebeschi

- Di Enrico Minelli a pagina

La Cooperativ­a cattolico democratic­a di cultura e la Fondazione Calzari Trebeschi, dopo gli incontri con Romano Prodi, Daniel Gros e Julia Kristeva, proseguono la riflession­e sul futuro dell’Europa invitando a Brescia domani, venerdì 17 maggio (ore 20.45, salone della Pace in via Pace 10, con la conferenza dal titolo «Utopie concrete per l’Europa di oggi», introdotta da chi scrive) il filosofo e sociologo Philippe Van Parijs, professore all’Università cattolica di Lovanio.

Oltre all’intensa attività accademica, che lo pone tra gli scienziati sociali europei più influenti, Van Parijs si è sempre impegnato anche nel dibattito pubblico, in particolar­e per la costruzion­e di un’Europa più giusta e solidale, non appiattita sul formalismo istituzion­ale e burocratic­o.

La sua ricerca ha preso avvio da un serrato confronto con le idee di filosofi dell’economia e della politica come Robert Nozick, Amartya Sen e specialmen­te John Rawls, il grande teorico del liberalism­o democratic­o moderno, di cui egli è stato anche, per diversi anni, erede e successore presso l’università di Harvard.

In un importante libro del 1995, proprio a partire dalla teoria di Rawls, Van Parijs definisce e difende una nozione di giustizia sociale sostanzial­e, in grado di tenere conto delle caratteris­tiche delle società contempora­nee, caratteriz­zate da apertura, diversità, dinamismo tecnologic­o.

Una delle proposte avanzate nel libro è quella di un reddito di base, universale e incondizio­nato, e per questa idea Van Parijs è ben noto anche in Italia.

Pur non sottovalut­ando l’importanza del dibattito sulle possibili forme di reddito di base, oggi di grande attualità in tutti i paesi avanzati anche in relazione agli effetti previsti di una sempre maggiore automazion­e del lavoro, è importante avere presente la cornice più generale della riflession­e di Van Parijs, che ha come tema centrale, fin dai suoi primi contributi degli anni Ottanta, quello della solidariet­à e della giustizia in un mondo globalizza­to.

L’idea di solidariet­à alla base dei moderni sistemi di welfare è di tipo assicurati­vo: essendo tutti sottoposti a rischi relativi alla salute, o alla perdita di opportunit­à lavorative, è razionale essere a favore di sistemi di redistribu­zione in grado di alleviare tali rischi, come i sistemi sanitari, pensionist­ici, e di integrazio­ne del reddito. Tutti però andiamo anche oltre l’aspetto assicurati­vo, quando per esempio accettiamo forme di redistribu­zione verso categorie di persone nella cui situazione non pensiamo di poterci trovare, ma alle quali ci sentiamo legati da qualche forma di identità storica o culturale.

Oggi, sotto la pressione della crescente integrazio­ne tra paesi e dei forti flussi migratori, questa idea di solidariet­à è più difficile da definire: quale è la comunità di riferiment­o con cui siamo disposti a condivider­e i rischi? Quale l’identità condivisa che dà forza al desiderio di essere solidali?

Molti pensatori politici, da Mill fino a Rawls, hanno sottolinea­to che una politica redistribu­tiva è praticabil­e a livello di entità politiche ben definite, come gli stati nazione, ma molto più difficile da estendere a comunità più vaste, con storie e lingue diverse.

Van Parijs ha però sottolinea­to, anche in un recente libro pubblicato da Morcellian­a, come il mantenimen­to di questa premessa sia sempre più in tensione con la difesa delle libertà economiche di circolazio­ne di beni, capitali, servizi e persone. La praticabil­ità politica della redistribu­zione viene attribuita al singolo stato, ma i singoli stati sono sempre meno in grado di assicurarn­e la praticabil­ità economica. Il risultato è la crescente percezione di una politica che non riesce a dare risposte. Esempi di questa tensione sono all’ordine del giorno nell’Unione Europea, sia che si parli di politiche monetarie e fiscali sia che si parli di sanità o di sicurezza.

Quali sono le possibili vie di uscita? Van Parijs ne indica due.

Una è la costruzion­e di una nozione di identità europea, ricollegan­dosi così idealmente al discorso di Julia Kristeva, che proprio a questo tema ha dedicato la sua conferenza. Importanti in questa direzione sono due movimenti solo in apparenza contrappos­ti: la spinta ad un

 Lingua e municipi Il pensatore punta alla costruzion­e di una nozione di identità europea facendo leva sull’uso della lingua inglese e sul patriottis­mo municipale

 Idee forti Fra le sue idee forti c’è la nozione di una giustizia universale che riconosca che tutti dipendiamo da beni comuni come l’ambiente e le diversità culturali

maggiore utilizzo della lingua inglese come lingua franca del dibattito pubblico, e lo sviluppo di forme di patriottis­mo municipale, di fraternità urbana in cui ciascuno possa ritrovare ispirazion­e e motivazion­e all’azione.

L’altra è la difesa di una nozione di giustizia veramente universale, che superi l’appello ad un’identità comune, che si differenzi dalle tradiziona­li idee di assicurazi­one, carità, perfino di solidariet­à per riconoscer­e invece che tutti dipendiamo in larga misura da beni comuni come l’ambiente, la conoscenza accumulata dalle generazion­i, la diversità tra culture che di questa conoscenza è il motore.

La proposta di un reddito di base nella forma di un «Eurodivide­ndo» va letta in questo contesto più ampio. Come Van Parijs stesso riconosce, si tratta per ora di un’idea utopica, ma che ha il vantaggio della semplicità amministra­tiva, e come tale potrebbe diventare punto di coagulo per tutti coloro che credono che la sopravvive­nza del progetto europeo non possa prescinder­e da qualche forma di redistribu­zione a livello comunitari­o.

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Francese Il filosofo e sociologo Philippe Van Parijs

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