Sopralluogo a Shalom Una ragazza: qui sto bene
Due ore e mezza per «esplorare» gli spazi della struttura Una delle ragazze: «All’inizio è stata dura, ma qui sto bene»
Oltre due ore per visitare di persona gli spazi: dormitori, legnaia, sala mensa, maneggio. Sopralluogo nella comunità di recupero Shalom per i giudici, gli avvocati e il pm del processo che vede 42 imputati per maltrattamenti e riduzione in schiavitù. Li hanno guidati i ragazzi. «Qui sto bene» ha detto una di loro.
Non bastavano le immagini, gli scatti, le mappature finite agli atti e archiviate nei fascicoli di accusa e difesa. Giudici e pubblico ministero, quella «struttura», volevano vederla con i propri occhi. Scoprirne gli spazi, calpestarne il terreno e respirarne l’aria. Perché a processo per maltrattamento e riduzione in schiavitù ci sono 42 imputati: lei, l’anima della comunità di recupero di Palazzolo, suor Rosalina Ravasio, i suoi più stretti collaboratori e alcuni dei ragazzi (in tutto ce ne sono circa trecento) diventati «vecchi» e a loro volta educatori.
Sono le 16.20 quando il presidente della prima sezione penale Roberto Spanò, la collega a latere Maria Chiara Minazzato, cancellieri e assistenti varcano il grande cancello di Shalom. Ci sono anche il pm, Ambrogio Cassiani, e una delegazioni di avvocati della difesa (a partire da Marco Zambelli e Marco Saita) oltre a un legale di parte civile (Emanuela Cattaneo). «Voi restate qua, grazie». Cronisti e fotografi, ovviamente, fuori. E ad assicurarsene è un ragazzino che da lì a oltre due ore, quel telecomando dell’ingresso, lo userà decine di volte visto il via vai. Ad accogliere i magistrati una cascina imponente, ristrutturata e curata nei minimi dettagli, come il giardino: prato inglese, fontana e vasi fioriti dalla perfezione quasi maniacale.
Arriva un monovolume, uno dei tanti. Riporta i bambini dalle loro mamme, ospiti della comunità. C’è chi è andato a scuola, chi all’asilo, pare. Li intravediamo, zainetto in spalla, raggiungere le ragazze in giardino, per poi «sparire» dietro all’aiuola che porta alla zona femminile. E di nuovo veniamo «ripresi»: «Niente foto. E per favore allontanatevi dalle fotocellule, grazie». Dritto oltre il viale d’entrata spicca il corpo principale del cascinale: sulla sinistra la legnaia, il dormitorio maschile, e poi le stalle con gli animali e il maneggio. A destra invece il «reparto» donne (rigorosamente distinto). Esce una Fiat Punto. Dentro, anche due bambini, avranno sì e no cinque anni. «Niente foto, sono troppo famoso!» scherza di gusto uno di loro. E ride.
Uno dei tanti cani di suor Rosalina ci tiene d’occhio proprio mentre magistrati e avvocati passano nella zona riservata alle ragazze, oltre il cortile dove, in fila, sono stati sistemati gli stendibiancheria con le lenzuola e il bucato ad sciugare. E alla domanda se qualcuna, magari, abbia voglia di dire qualcosa, una ragazza in particolare decide di raccontare la sua esperienza dentro Shalom. «Qui ho tratto solo benefici. Nonostante non sia stato semplice superare le difficoltà dei momenti iniziali, ma questo è normale. Ora sto bene». Giudici, legali e pm ripassano. Li scopriranno tutti, gli spazi di Shalom: la tanto discussa legnaia (quella in cui secondo le persone offese alcuni ragazzi sarebbero stati ingiustamente sottoposti a una serie di punizioni ingiustificate, anche di notte), i dormitori degli uomini, delle donne e dei bambini, la sala mensa, i ricoveri per gli animali. Ed «è stato un sopralluogo che si è svolto in un clima molto sereno» spiega uno degli avvocati della difesa. Lei, suor Rosalina («la cui gentilezza credo sia stata apprezzata») ha affidato ai volontari e ad alcuni degli ospiti (ragazzi e ragazze) il ruolo di «Ciceroni» per l’occasione. «Ci hanno guidato loro, alla scoperta della comunità».
Alle 17.30 quel silenzio surreale spezzato solo dal cinguettio dei passeri, oltre l’ingresso, in mezzo alla campagna, viene rotto dagli schiamazzi di un paio di ragazzini (tra i quali l’addetto al cancello): «È scappata un’anatra, prendila, ho paura!». Dramma sfiorato, e rientrato. Ma per un attimo soltanto sono loro, a scherzare anche con noi. Poco dopo esce una signora: «Parlatene solo bene, di questo posto». Eppure le accuse sono pesanti.
Il pm Ambrogio Cassiani esce alle 18.45. Pochi minuti dopo faranno lo stesso anche il presidente Roberto Spanò («buon lavoro», si limita a dire), il suo entourage e gli avvocati. Tranne loro, Saita e Zambelli, che assistono suor Rosalina e si trattengono a Shalom. La sua testimonianza (peraltro non ancora del tutto certa) è prevista in aula il prossimo 23 maggio, prima della discussione.
Il grande cancello si riapre. Arriva un ragazzino, in auto, accompagnato. «Ma non lo riconosci, dai?» dice l’amico rivolgendosi al cane che si agita. «È sempre lui, è tornato».