Storia di Elettra soubrette proletaria
La storia di Romani che negli anni ‘40 faceva avanspettacolo, un vita difficile e il successo mai raggiunto completamente
Ha lo stesso nome della figlia di Agamennone, che scavò un abisso di incomunicabilità con la madre Clitennestra, ma questa invece è un’altra storia, quella di una soubrette proletaria e libertaria.
Elettra, biografia di una persona comune è lo spettacolo che va in scena stasera (ore 20.30) al Teatro Santa Chiara Mina Mezzadri per la rassegna La palestra del Teatro del Ctb. Nicola Russo e Sara Borsarelli sono gli attori. Il primo ha firmato anche l’elaborazione drammaturgica e la regia. L’allestimento ha vinto il Napoli Fringe Festival 2010.
La storia di Elettra Romani è vera, oggi la signora ha 91 anni, vive a Roma ed è vedova di Alfonso Tomas, comico e caratterista del varietà, ma anche interprete di molti film con FranchiIngrassia e Lino Banfi.
«L’idea – racconta Nicola Russo – mi è nata dopo una lunga intervista con Elettra Romani, un’amica di mia madre, che negli anni ’40 aveva iniziato la sua carriera nell’avanspettacolo, fino a diventare ballerina e attrice. Mi sono avvicinato a lei per conoscere quel mondo dello spettacolo che non esiste più, fatto di compagnie girovaghe, di polvere di stelle e anche di miseria economica quotidiana. Ed Elettra si è aperta, mescolando vita professionale e personale. Ebbene, quel materiale mi è sembrato talmente prezioso che ho deciso di scrivere questo spettacolo».
Il titolo parla di una persona comune, ma a volte le persone comuni hanno una vita non comune. È così?
«Elettra ha avuto una vita difficile e avventurosa. È stata ragazza madre, quando era ballerina di fila, in anni di marcata soglia del senso del pudore, ha dovuto abbandonare la figlia per questioni burocratiche, l’ha poi cercata per tutta la sua esistenza. Una vicenda drammatica. Ha coronato il suo sogno sul palcoscenico, senza tuttavia mai raggiungere quel successo che avrebbe meritato, proprio perché aveva dato tutta se stessa al teatro».
L’avanspettacolo oggi è un genere caduto nell’oblio, ma è stato una forma di teatro popolare che ha addestrato generazioni di attori, anche di talento, forse anche con una dignità di cui si è perso lo stampo.
«È stato un contenitore bizzarro. Si chiamava avanspettacolo, perché si faceva prima della proiezione del film e consisteva in balletti, scene comiche, ma anche drammatiche con partiture scritte. Era frequentato da attori che a volte conoscevano la fame, ma che erano animati da una grande passione per il mestiere. Attori che imparavano provenendo dal basso. Elettra aveva fatto la sarta prima di recitare e ballare. Era povera, era andata via di casa, mangiava in trattoria, finché un giorno un maestro di pianoforte vide questa bella ragazza e le aprì le luci della ribalta. Penso che la sua storia racconti una pagine di un’Italia che non c’è più. Un’ultima cosa: lei non parla mai del successo, che ha intravisto ma che non ha goduto nella sua pienezza, ma di quello che ha fatto. E questo è il segno di una grande positività, che dà il vero senso ad una vita».
Alle spalle degli attori è proiettato un video silenzioso realizzato dall’artista Giovanni De Francesco.
È il volto di Elettra oggi, che guarda un film di cui si indovina lo scorrere delle scene attraverso i riflessi di luce sul suo viso. Alle parole del racconto di Elettra si aggiunge un materiale di repertorio di brani dell’avanspettacolo tratto dai suoi ricordi. Un materiale inedito, ricavato dalla memoria di una delle protagoniste di quell’epoca.
Nicola Russo e Sara Borsarelli saranno ancora sul palcoscenico del Santa Chiara Mina Mezzadri sabato 19 maggio (ore 20,30) per raccontare la straordinaria e indimenticata performance canora e musicale di Nina Simone al Festival di Montreux del 1976, sempre nell’ambito della rassegna La palestra del teatro.