Corriere della Sera (Brescia)

PIRLO, CITTADINO DEL MONDO

- Di Carlos Passerini

Andrea Pirlo non è mai stato di nessuno. Né del Brescia, né dell’Inter, né della Reggina, né del Milan, né della Juve, né del New York City. È stato di tutti. Di tutti quelli che amano il calcio in maniera assoluta, sportiva nel senso profondo del termine, cioè pura, svincolata dal tifo per questa o quella squadra, dall’interesse di quartiere. Pirlo non ha paragoni, li ha creati. In questo è il giocatore che concettual­mente più si avvicina a Roberto Baggio, li unisce il loro ecumenismo, la capacità di avvicinare la gente sotto un sentire comune, sotto un’idea. Ed è anche la ragione per la quale, esattament­e come avviene con Baggio, non ha senso mettere in discussion­e il suo legame con Brescia. La cosiddetta brescianit­à è un concetto fra l’altro spesso adoperato in maniera scorretta, generalmen­te per convenienz­a. Molti hanno fatto notare come l’addio al calcio lo potesse dare al Rigamonti, sono più o meno gli stessi che invocavano per lui un’ultima stagione al Brescia. Per fortuna non è successo, ma non c’erano grossi dubbi, troppo intelligen­te Pirlo per cascarci: non si torna per nostalgia, né per compromess­o, non se sei stato Pirlo. Giusto che cominci la nuova vita con un ruolo in Nazionale, la squadra di tutti. E giusto anche che l’ultima notte da calciatore fosse a San Siro, il posto dove ha vinto di più, attenzione non quello che ha amato di più per come potremmo intendere noi il termine amore, perché quando Andrea dice di sentirsi un «cittadino del mondo» - è successo un paio di settimane fa, durante un visita al Corriere – sta sempliceme­nte dicendo la verità. Flero, Brescia, Milano, Torino, New York: Andrea è stato Andrea in tutti quei posti. Allo stesso identico modo. Da tutti ha preso qualcosa, a tutti ha lasciato qualcosa. Da noi ad esempio ha preso il sangue e il talento, restituend­oci il ricordo e l’orgoglio per aver visto crescere in casa nostra uno dei più puri talenti della storia del calcio mondiale. Lo è diventato altrove, ma ha iniziato a esserlo qui, questo nessuno ce lo può togliere, né ora né mai. La speranza semmai è che possa nascerne un altro, di Pirlo, magari ancora da queste parti. Lo deciderà il destino, o forse non solo quello. «Io ho imparato a giocare per strada» risponde Andrea, quando ogni bambino gli chiede come si faccia a diventare Pirlo. È un ottimo consiglio, un consiglio alla Pirlo. Buona vita, Andrea, e grazie di tutto.

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