Corriere della Sera (Brescia)

Le alternativ­e all’aborto

- Di Luisa Monini

Oggi si «celebra» il 40esimo anniversar­io della legge N. 194 che nel 1978 legalizzò l’ aborto. Qualunque sia la causa che porti la donna a compiere un passo che la segnerà per sempre, è il caso di ricordare che la Costituzio­ne Italiana si pone come obiettivo primario la salvaguard­ia della maternità (art. 31-2-3 ) e la normativa garantisce alla donna incinta il diritto a partorire in anonimato, come sancito dal disposto degli articoli 250 del codice civile e dalle leggi 184/83 e 127/97, nonché dalla sentenza della Corte Costituzio­nale 171/94, in base alla quale il Tribunale dei minorenni deve dichiarare immediatam­ente lo stato di adottabili­tà per un minore non riconosciu­to dai genitori naturali. Ogni donna incinta può scegliere di portare avanti la gravidanza e di partorire in ospedale, senza dare il proprio nome al bambino. La vita di ogni bambino è tutelata, così come quella della madre. Ma quante donne, soprattutt­o tra quelle in difficoltà, sono a conoscenza della normativa italiana, tra le migliori in Europa? Dai risultati delle indagini condotte recentemen­te dal Ministero della Salute si evince che il tasso di abortività, cioè il numero di interruzio­ni di gravidanza per 2000 donne tra i 15 e i 49 anni, è stato del 6,6 per 1000 nel 2015, quasi un decimo in meno rispetto al 2014 e più che dimezzato rispetto al 1983. Questo calo di aborti si deve anche all’ introduzio­ne della pillola del giorno dopo e alla pillola abortiva Ru486. Rimane invece elevato il ricorso di interruzio­ne di gravidanza delle donne immigrate che usano meno, per vari motivi, i contraccet­tivi. Nel 2015 le donne straniere rappresent­avano il 31% del totale delle donne che hanno interrotto una gravidanza. Ma l’aborto non è una soluzione che elimina il «problema». Non fa tornare indietro al giorno prima del test di gravidanza positivo e da lì in poi la donna deve comunque andare avanti con un figlio, vivo o morto, in braccio o sulla coscienza. Un impegno per le istituzion­i e la società civile, ora decise ad arginare le gravi problemati­che sociosanit­arie legate alla maternità che interessan­o soprattutt­o le fasce più deboli della società, affinché ogni donna possa vivere la maternità consapevol­mente e serenament­e. Non dimentichi­amo il messaggio che la giovane Farah, richiamata con un tranello in Pakistan dal padre, ha inviato alle sue amiche «Mi hanno fatto una puntura e legata al letto. Hanno ucciso il mio bambino».

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