Monza, la «fabbrica» della fatture false Trenta arresti, case e hotel sequestrati
Evasione fiscale, bancarotta e riciclaggio. Smantellata la galassia dell’imprenditore Malaspina
MONZA Il viavai di impiegati con carrelli carichi di faldoni era tale che per smaltire tutte le carte ci voleva un camion. È il 4 novembre 2015 e nella sede della società Ideo di via Fiorbellina, a Vimercate, si è sparsa voce che l’indomani ci sarebbe stata una perquisizione. Intere stanze da svuotare di documenti, che dovevano sparire, e in fretta. A faticare sono le segretarie della Ideo: «Siamo solo noi le str.., a me fa male la schiena», si lamentano. A riprendere l’intera scena ci sono le telecamere installate dai detective della Guardia di Finanza che intervengono a sirene spiegate ed evitano una gigantesca dispersione di prove. Un blitz provvidenziale, senza il quale non avrebbe potuto esistere l’operazione denominata «Domus Aurea», conclusa ieri con l’esecuzione di 30 misure cautelari emesse dal gip Federica Centonze, di cui 9 in carcere, 12 agli arresti domiciliari e col sequestro di appartamenti e alberghi di lusso.
Nei guai tutta la galassia di personaggi, professionisti e colletti bianchi che gravitavano attorno a Giuseppe Malaspina, imprenditore di origini calabresi, 64 anni, già condannato nel 1976 per omicidio, e poi diventato uno dei più grossi costruttori della Brianza. La mente, secondo le accuse dei pm di Monza Giulia Rizzo e Salvatore Bellomo, di una colossale evasione fiscale, quanto di reati di bancarotta e riciclaggio in serie. In sostanza sarebbe stata creata una «realtà societaria parallela» all’impero di Malaspina. Per dar vita a questo mondo di «fantasia» (ne parlano nelle conversazioni intercettate alcuni complici dell’imprenditore: «Qui è tutto finto, qui ci vuole Walt Disney»), essenzialmente servivano due cose. Primo: le false fatture. Il «ricorso sistematico», da parte delle società riconducibili a Malaspina «ad attività di fatturazione per operazioni inesistenti per 95 milioni di euro». Secondo: spolpare le società stesse dei loro patrimoni, lasciando solo i debiti, e trasferendo il patrimonio nel cosiddetto «scrigno», le ditte «cassaforte» nelle quali, attraverso le varie distrazioni, sarebbero finiti la bellezza di 234 milioni di euro.
Il lavoro degli inquirenti nasce dalla denuncia degli appartenenti alla lista Correzzana Viva, dalla quale è emersa la presunta corruzione da parte di Malaspina al sindaco del paese brianzolo Mario Corbetta (che avrebbe avuto 3 appartamenti in cambio di un trattamento di favore), indagato e salvato della prescrizione. Da quella denuncia sono partiti gli accertamenti della Guardia di Finanza di Monza, agli ordini del colonnello Massimo Gallo. Intercettazioni, telefoniche ed ambientali, e un enorme lavoro
Colletti bianchi L’indagine della Guardia di Finanza ha fatto emergere «operazioni inesistenti per 95 milioni di euro» e «distrazioni patrimoniali per 234 milioni di euro»