Tav, la guerra degli esposti
Un esposto alla Corte dei conti di Lombardia e Veneto, un altro alla prefettura perché controlli, una diffida al ministero affinché non firmi: il comitato «No Tav» tiene alta l’attenzione sul progetto dell’Alta Velocità: «Va sospeso».
Un esposto-denuncia alla Corte dei Conti sia della Regione Lombardia sia del Veneto. E poi «un atto di diffida e messa in mora» rivolto al ministero delle Infrastrutture affinché non firmi il contratto con Cepav Due per l’avvio dei lavori sull’Alta velocità Brescia-Verona. Infine, un esposto alla prefettura nella speranza che eseguano «adeguati controlli di legalità« sulle società appaltatrici. Il coordinamento No Tav Brescia-Verona tiene alta l’attenzione sul progetto Tav da 2,8 miliardi che l’amministratore delegato di Fs, Renato Mazzocini, ha dichiarato imminente. Una firma che secondo il comitato dovrebbe essere sospesa, tanto più dopo che la Procura di Messina ha arrestato a marzo per corruzione Duccio Astaldi, presidente del Consiglio di gestione della Società italiana per Condotte d’Acqua Spa. Società ai più sconosciuta, ma che in realtà detiene il 12% di Cepav Due, general contractor dei lavori per l’Alta velocità BresciaVerona: ecco perché quella misura cautelare dovrebbe imporre a tutti — è il suggerimento del comitato No Tav — un ripensamento dell’opera. E, quantomeno, una verifica di legalità. Nella lettera-esposto inviata al prefetto, gli attivisti del Coordinamento ricordano che «in data 8 gennaio 2018 la società Condotte d’Acqua ha effettuato richiesta presso il Tribunale di Roma di concordato preventivo». Una situazione di difficoltà finanziaria, unita all’ipotesi di corruzione di Astaldi, che è sufficiente, per i No Tav, per fermare tutti coloro che vorrebbero aprire il prima possibile i cantieri della Tav BresciaVerona. (m.tr.)