«Personaggio pubblico controvoglia papà ci ha insegnato il perdono laico»
Pietro, figlio di Carlo Castagna: il suo fu un gesto di civiltà. Domani i funerali a Erba
ERBA (COMO) «Papà Carlo al lavoro, come sempre, in ufficio nella sua azienda di Erba». Era lunedì scorso e questa è l’ultima immagine del padre che il figlio Pietro, 48 anni, vuole ricordare e raccontare. Un’istantanea di normalità, l’ultima prima del peggioramento improvviso delle condizioni di salute dell’imprenditore erbese morto a 75 anni, nella notte tra venerdì e sabato dopo una breve quanto fulminante malattia. «A inizio settimana era in ditta con noi, nel giro di pochi giorni ci siamo trovati a dirgli addio», racconta Pietro, che con il fratello Beppe gli è stato accanto fino all’ultimo.
Imprenditore del legno, già consigliere comunale a Erba, impegnato nella società civile e nella sua comunità da sempre. Il ricordo di Carlo Castagna però è indissolubilmente legato alla strage dell’11 dicembre 2006, quando ha perso in un attimo la moglie Paola Galli, la figlia Raffaella e il nipotino Youssef Marzouk, uccisi con la vicina di casa Valeria Cherubini. «Papà non era certo solo il personaggio in qualche modo pubblico che suo malgrado si è trovato ad essere — prosegue con forza Pietro —. Papà era ben altro. Era molto, molto di più».Eppure, ai figli non dispiace che il ricordo di papà sia associato all’idea di perdono. Carlo Castagna ha teso la mano fin dall’inizio a Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi condannati per aver distrutto la sua famiglia. Era arrivato a dire, creando non poco scalpore: «Vorrei abbracciare Olindo e Rosa e piangere con loro».
Sostenuto da una fede incrollabile, l’imprenditore ha sempre parlato di Dio e dell’importanza della preghiera nella sua vita. È diventato un testimonial di un perdono possibile, ripetendo instancabilmente il suo messaggio durante decine di incontri organizzati da parrocchie e associazioni che lo hanno invitato a dare la sua testimonianza. «Il perdono però non deve essere inteso solo nell’ottica della fede, della religione cattolica — dice Pietro Castagna —. Certo, per papà il perdono veniva dalla fede. Ma si poteva vedere anche in un modo più laico. Io perdono Olindo e Rosa non perché lo meritino, ma perché io merito la pace. È un fatto di civiltà. Perdonare per voltare pagina, senza dimenticare quello che è stato, che è impossibile da cancellare, ma per scrivere un’altra pagina e andare avanti».
La casa della strage, l’appartamento di Erba in cui Raffaella viveva con il marito, Azouz Marzouk e il figlioletto Youssef, per volontà di Carlo Castagna e dei figli è stata donata alla Caritas e messa a disposizione di famiglie bisognose. «Papà per noi figli è stato un enorme esempio — continua Pietro senza riuscire a trattenere le lacrime —. Siamo a terra in questo momento. Siamo devastati. Ma lui ci ha insegnato come risollevarci. Purtroppo però, un conto era farlo con lui accanto e un altro conto e doverlo fare da soli, senza di lui».
Pietro e il fratello Beppe hanno condiviso anche sui social un’immagine di papà Carlo. Hanno scelto una foto che lo ritrae al lavoro, tra vernici e pennelli e hanno scritto «Addio papà. Per noi sei sempre stato una guida, un esempio da seguire e ammirare, e pur sapendo che adesso sarai felice perché hai ritrovato la tua Polly, Raffaella e il piccolo Fefè, a noi lasci una voragine immensa e ci mancherai infinitamente».
Domani alle 14.30, nella chiesa di Erba saranno celebrati i funerali di Carlo Castagna. Il sindaco parteciperà in
Il lavoro A inizio settimana era in ditta con noi, nel giro di pochi giorni ci siamo ritrovati a dirgli addio
veste ufficiale. «A Erba era conosciuto da tutti, a prescindere dai fatti di quella tragica notte — ricorda il primo cittadino, Veronica Airoldi —. Carlo Castagna era un uomo generoso. Sempre attento agli altri. La sua scomparsa impoverisce Erba e gli erbesi. Era l’imprenditore capace, che ce l’aveva fatta, ma era rimasto una figura positiva, dignitosa e bella. Un modello garbato, sempre al suo posto. Se ne va un pezzo della città».