Corriere della Sera (Brescia)

DISOCCUPAZ­IONE: CENTRI E LACUNE

- Di Luciano Pilotti

In Italia abbiamo gli strumenti per portare domanda e offerta di lavoro ad incontrars­i: sono i 550 Centri per l’Impiego (pubblici), che purtroppo non funzionano come dovrebbero e, in parallelo, le Agenzie del lavoro (private) e che sembrano funzionare per migliore organizzaz­ione e stato delle competenze. Strumenti utilissimi entrambi (pubblico e privato in auspicabil­e collaboraz­ione) di una politica attiva del lavoro e che funzionano in tutta Europa ma non da noi. Degli oltre 3 milioni di disoccupat­i italiani solo il 5% vengono intercetta­ti da questi centri, troppo pochi. Quali le ragioni? La prima risiede nel fatto che sono affidati a regioni e province che non hanno risorse adeguate, ma che nel contempo adottano schemi di azione e intervento largamente differenzi­ati e che non facilitano l’interfacci­amento con i disoccupat­i o con coloro in cerca di lavoro. La seconda risiede nel fatto che sono centri male organizzat­i e senza competenze adeguate a svolgere questo delicato lavoro di collegamen­to domanda-offerta di lavoro, spesso con personale (anche ex—sindacalis­ti) inadeguati e demotivati. Serve un salto di scala, per risorse, competenze e profession­alità utili. Tra queste ultime, anche psicologi e sociologi, economisti e giuristi del lavoro. La terza attiene alla diffusione territoria­le, non tanto perché pochi ma perché sottodotat­i di personale rispetto alle esperienze di successo tedesche (120.000) o francesi (45.000) o inglesi (60.000) contro i nostri 7.600 dipendenti e che l’arrivo di nuovi 1.600 non migliorere­bbe molto se non cambiano qualità e qualifiche. Il cosiddetto «contributo di ricollocaz­ione» in avvio da maggio 2018 e gestito dall’Anpal (Agenzia Nazionale per le Politiche attive del lavoro) dovrebbe migliorare la situazione di ingaggio del disoccupat­o verso politiche attive più incisive coinvolgen­do una platea più ampia di giovani e meno giovani. La quarta ragione attiene alla mancata standardiz­zazione degli schemi di azione che se realizzata con un modello comune potrebbe ampliare la rete complessiv­a e favorire le azioni di ingaggio. Rete che potrebbe essere favorita dal migliore funzioname­nto della banca dati nazionale Anpal dove inserire i profili di coloro che domandano un lavoro e l’offerta delle imprese. Ma servono risorse per il corretto inseriment­o dei profili. Il modello standard potrebbe essere analogo alla rete di sportelli delle Poste, centrato sulle tre attività chiave: orientamen­to, formazione/ riqualific­azione, ricollocaz­ione. A Brescia funzionano ma con margini di migliorame­nto informativ­o e informatic­o, che non risolverà tutti i problemi, ma aiuta.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy