DISOCCUPAZIONE: CENTRI E LACUNE
In Italia abbiamo gli strumenti per portare domanda e offerta di lavoro ad incontrarsi: sono i 550 Centri per l’Impiego (pubblici), che purtroppo non funzionano come dovrebbero e, in parallelo, le Agenzie del lavoro (private) e che sembrano funzionare per migliore organizzazione e stato delle competenze. Strumenti utilissimi entrambi (pubblico e privato in auspicabile collaborazione) di una politica attiva del lavoro e che funzionano in tutta Europa ma non da noi. Degli oltre 3 milioni di disoccupati italiani solo il 5% vengono intercettati da questi centri, troppo pochi. Quali le ragioni? La prima risiede nel fatto che sono affidati a regioni e province che non hanno risorse adeguate, ma che nel contempo adottano schemi di azione e intervento largamente differenziati e che non facilitano l’interfacciamento con i disoccupati o con coloro in cerca di lavoro. La seconda risiede nel fatto che sono centri male organizzati e senza competenze adeguate a svolgere questo delicato lavoro di collegamento domanda-offerta di lavoro, spesso con personale (anche ex—sindacalisti) inadeguati e demotivati. Serve un salto di scala, per risorse, competenze e professionalità utili. Tra queste ultime, anche psicologi e sociologi, economisti e giuristi del lavoro. La terza attiene alla diffusione territoriale, non tanto perché pochi ma perché sottodotati di personale rispetto alle esperienze di successo tedesche (120.000) o francesi (45.000) o inglesi (60.000) contro i nostri 7.600 dipendenti e che l’arrivo di nuovi 1.600 non migliorerebbe molto se non cambiano qualità e qualifiche. Il cosiddetto «contributo di ricollocazione» in avvio da maggio 2018 e gestito dall’Anpal (Agenzia Nazionale per le Politiche attive del lavoro) dovrebbe migliorare la situazione di ingaggio del disoccupato verso politiche attive più incisive coinvolgendo una platea più ampia di giovani e meno giovani. La quarta ragione attiene alla mancata standardizzazione degli schemi di azione che se realizzata con un modello comune potrebbe ampliare la rete complessiva e favorire le azioni di ingaggio. Rete che potrebbe essere favorita dal migliore funzionamento della banca dati nazionale Anpal dove inserire i profili di coloro che domandano un lavoro e l’offerta delle imprese. Ma servono risorse per il corretto inserimento dei profili. Il modello standard potrebbe essere analogo alla rete di sportelli delle Poste, centrato sulle tre attività chiave: orientamento, formazione/ riqualificazione, ricollocazione. A Brescia funzionano ma con margini di miglioramento informativo e informatico, che non risolverà tutti i problemi, ma aiuta.