Giallo a Rezzato: precipita nel vuoto ai piedi della falesia
Viveva in paese con la famiglia. A trovarlo e chiamare aiuto un ragazzo che voleva arrampicare
Origini romene, viveva in paese, a Rezzato, con la sua famiglia. È morto a soli 19 anni dopo un volo nel vuoto per una cinquantina di metri, dentro un’ex cava di Rezzato usata come palestra per arrampicare. Pare non avesse attrezzatura, e che in vetta sia arrivato solo. Per ore gli inquirenti sono rimasti sul posto. L’ipotesi più probabile: un gesto volontario.
A trovarlo è stato un ragazzo che proprio in quel punto sarebbe partito per una arrampicata: sulla parete, in parte attrezzata, del colle di San Martino, a Rezzato (un’ex cava utilizzata come palestra). Ai piedi della roccia il corpo inerme di un giovane. «In realtà non sono nemmeno riuscito a capire se si trattasse di un uomo o una donna». Il volto coperto dal sangue. Torso nudo, jeans, la T-shirt che si era evidentemente levato accanto a lui.
Subito il testimone, spaventato, è tornato indietro fino a ritrovare un punto in cui il telefonino capta il segnale, e ha chiamato il 112, verso le 13.30. La strada asfaltata in salita, prima delle villette che da lontano sembrano appoggiate al costone, il sentiero sterrato a gradoni, ed ecco lo spiazzo di prato circondato dalle rocce. «Stando alla mia esperienza credo sia impossibile che anche lui stesse andando a scalare la parete» dice. Perché con sé, quel ragazzo, non aveva alcuna attrezzatura (a differenza di coloro che, caschetto agganciato allo zainetto, con il passare delle ore, ignari di quanto successo arriveranno al cospetto delle fettucce dei carabinieri). Oltre ai carabinieri di Brescia a Rezzato sono arrivati i colleghi della Scientifica, il medico legale, il pm Antonio Bassolino. Origini romene, di casa in paese con la famiglia («perfettamente integrata e che mai ha dato problemi» assicura chi li conosce), quel ragazzo aveva solo 19 anni. «Studente», c’è scritto sulla carta d’identità nel portafoglio che aveva in tasca. Sul corpo nessun segno di violenza attribuibile a terze persone: piuttosto, i segni evidenti di traumi compatibili con un volo nel vuoto da decine di metri. Difficile capire, all’inizio, se si sia trattato di una caduta accidentale piuttosto che di un gesto volontario. Ecco perché il sopralluogo degli inquirenti si protrae a lungo. Certo è che sul sentiero erboso che alla vetta della roccia conduce gli investigatori avrebbero individuato le impronte di una sola persona. E in serata prevale l’ipotesi di un drammatico gesto estremo. Disposta l’autopsia.