Il cuoco e il professore: così nasce la ricetta ideale per mangiare in salute
Luigi Fontana: «Bisogna cibarsi meno e meglio, scegliere le cose giuste»
Mangiare bene e meglio, mangiare meno, qualche volta digiunare. E tornare in cucina. È un po’ il mantra di «La felicità ha il sapore della salute», gustoso e utile libro che alterna scienza dell’alimentazione a sane e succulente ricette. Uscito da pochi giorni per Slowfood editore (400 pagine, 19,5 euro) la coppia di autori è tutta bresciana. Luigi Fontana è Ordinario di Medicina e Nutrizione all’Università degli Studi di Brescia e collaboratore alla Washington University di Saint Louis. Il secondo è Vittorio Fusari, valente cuoco che di sé, senza tirarsela, dice: «Il mio mestiere è fare». E che sul suo sito ricorda: «Perché il buon mangiare avvicina le persone, aiuta a trovare punti di vista comuni, aiuta ad essere felici». I sani principi, oltre che in cucina sono ora anche su carta, come spiega Luigi Fontana, teorico della «restrizione calorica» che cita Paracelso: «Il digiuno è il più grande rimedio, il medico interiore»
Professore, da dove nasce l’idea del libro?
«Da un incontro promosso dall’ordine dei medici tre anni fa all’auditorium San Barnaba, al quale eravamo invitati io e Vittorio. Ci siamo conosciuti, ci siamo tenuti in contatti e ora, grazie anche alla consulenza di Slow Food, ecco il libro».
Lei è uomo di scienza: perché un libro con Slow Food, con tanto di ricette?
«Spesso noi accademici ce la raccontiamo tra di noi e all’esterno non filtra nulla, ma non dovremmo dimenticarci che noi veniamo anche pagati dallo Stato, dai cittadini, e quindi dovremmo provare a diffondere ricerche e studi anche in modo divulgativo».
Teorizza la restrizione calorica: non è un po’troppo?
«Non è un termine felice, me ne rendo conto, ma il messaggio principale è: bisogna mangiare meno e meglio, capire che per il cibo bisogna spendere di più dedicandogli più tempo. Dai buoni ristoranti esci soddisfatto ma leggero, mentre è in quelli cattivi che ti ingozzano».
E quando si è casa? «Mangiare bene non è rinunciare al gusto ma l’opposto. Si tratta di imparare a scegliere il cibo giusto, dove andare, come cucinarlo. E nel libro ci sono tante ricette che spiegano come fare».
In televisione abbondano le trasmissioni che si occupano di cibo...
«Ci ubriacano di ricette in televisione ma poi non cucina nessuno. Dobbiamo recuperare la tradizione culinaria e per farlo basta un minimo di organizzazione. Quello che non dobbiamo fare e lasciare la nostra salute in mano all’industria alimentare».
Nel libro parlate di cibo come se fosse una pratica meditativa.
«Proprio così: la meditazione non è mettersi in una stanza a gambe incrociate e dire Om. Mentre lo è vivere nel presente, selezionare il cibo, essere attenti. È come quando vai a fare una passeggiata: se mentre cammini pensi solo al lavoro non stai meditando, se guardi i fiori sul prato sì».
Torniamo in cucina, quindi. E mangiamo di meno...
«Sì. Il cibo è strumento di meditazione, salute, di socialità. Scegliere il cibo giusto evita che vada in malora l’ambiente. Ed è anche un modello sanitario».