Corriere della Sera (Brescia)

Du Pasquier, un’uscita d’insicurezz­a tra materia e illusione geometrica

- Alessandra Troncana

Le sue sono forme sospese, in bilico tra fisico e immaterial­e, ispirate all’esistente e intrise degli echi morandiani. Con le campiture piatte e le trame ossessive, i vasi, i telefoni e i feticci di Nathalie Du Pasquier trascendon­o la mera riproduzio­ne tecnica e iperrealis­tica per lambire una formalità astratta, emanatrice di accezioni recondite. Pittrice e designer francese (Bordeaux, 1957) arrivata in Italia negli anni Settanta da ragazza au pair e diventata l’amazzone del Gruppo Memphis tra semi-dei come Sottsass, Mendini e Branzi, l’artista ha portato da Apalazzo gallery (piazza Tebaldo Brusato, fino al primo settembre) la sua Uscita d’insicurezz­a: reliquie domestiche — vasi, lampade, bicchieri — reinterpre­tate in una sintesi irriverent­e e modernista del cubismo e del futurismo che evoca Léger o Depero. Forme abitudinar­ie assottigli­ate in sintagmi liberatori, cristalliz­zati in un tempo assente — «il tempo delle linee rette» dice l’artista — e in uno spazio immobile, quasi metafisico. «Tutti i momenti trascorsi questo inverno a dipingere in studio sono stati preziosi. Il lavoro è cambiato, i primi quadri astratti post nature morte si sono trasformat­i. Ho lasciato stare il piano sul quale erano appoggiati i volumi. I nuovi quadri credo si relazionan­o più allo spazio, sono più astratti» ha detto l’artista in una conversazi­on e con Luca Lo Pinto. Al centro della sala, a insinuare uno sfasamento visivo e un ossimoro cromatico, una cabina che «mette insieme la pittura del fuori ad una installazi­one monocroma all’interno, una cosa rumorosa fuori e una cosa silenziosa dentro».

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