Tra tifo e risse la storia dei ribelli degli stadi
Le curve può giudicarle solo chi le vive ogni domenica allo stadio, anche se il «calcio moderno» ha frantumato ogni liturgia. Così si dice. Pierluigi Spagnolo è giornalista (scrive per La Gazzetta dello Sport) ma anche ultrà — del Bari, per la precisione — e per questo è l’autore ideale de I ribelli degli stadi. Una storia del movimento ultras italiano, casa editrice Odoya (16 euro, prefazione di Enrico Brizzi), in libreria da oltre un anno e già alla terza ristampa.
Domani alle 20.30 il volume passa anche da Brescia, al Mondadori Bookstore di corso Palestro dove l’autore verrà accompagnato dai giornalisti Alberto Banzola e Gian Paolo Laffranchi.
La nostra città, la nostra curva, ricorre spesso nelle 290 pagine che accompagnano il lettore dagli albori dei primi gruppetti di tifosi organizzati, nati nel Nord Italia negli anni Cinquanta con il modello degli hooligans inglese, sino ai giorni nostri, con più Daspo e meno politica sulle gradinate rispetto al boom degli anni Novanta. L’analisi di parte, ma oggettiva, dell’autore si interseca con le storie di domeniche di ordinaria follia.
Storie italiane, storie anche bresciane. Ci sono i derby ad alta tensione contro l’Atalanta, il noto caso legato a Paolo Scaroni del 24 settembre 2005 a Verona, reso invalido al cento per cento da un pestaggio subito dalla polizia, persino il racconto di un anomalo pomeriggio a Salerno quando, nel 1955, una vittoria in trasferta delle Rondinelle scatenò il pubblico campano contro l’arbitro. Schegge di un passato che fu: ora il livore si scatena sui social, dove peraltro il libro vanta già 7300 follower. Sono i numeri di un popolo, quello delle curve, diviso sul campo eppure unito nelle battaglie contro la «repressione» che, dice Spagnolo, ha visto nelle curve «una palestra e allo stesso tempo un capro espiatorio. Il Daspo urbano voluto da Minniti, il foglio di via per i manifestanti, altro non sono che l’estensione nelle città di leggi speciali inventate per gli ultras».
L’autore spiega ai profani quali sia il discrimine tra atteggiamenti da ultras e da delinquenti: «È da ultras la scazzottata, lo scontro con chi accetta lo scontro. Non è da ultras tutto il resto: coltelli, bombe carta, agguati con le armi. Se si supera quel limite, il tifoso radicale smette di essere un ultras e inizia ad adottare comportamenti delinquenziali. Altrimenti diventa una guerra tra bande, tra gruppi paramilitari, come nell’Europa dell’Est. Non accetto però la generalizzazione automatica di quanto accade in curva. Proprio perché quello degli ultras è un mondo che si fa fatica a comprendere, quindi lo si condanna a priori, pensando di aver risolto così il problema con la propria coscienza».
Cos’è invece questo universo? La sentenza di Spagnolo arriva dopo una rigorosa alternanza tra le voci dei protagonisti e i dati e le analisi di chi ha studiato il fenomeno: «Trattasi di un’aggregazione spontanea, trasversale ed eterogenea, con una forte connotazione ribelle e antagonista al sistema, che incarna le logiche di una dicotomia forte che filtra il mondo attraverso le lenti della contrapposizione amico/nemico».
Leonessa Nel testo di Luigi Spagnolo molte citazioni sono riservate ai tifosi del Brescia
Violenza Fra gli ultras ci sta la scazzottata con chi accetta lo scontro, non agguati e coltelli
Repressione Le curve sono palestra e capro espiatorio: il Daspo urbano estende ciò che s’è provato con i tifosi