Cultura, le ricette degli 8 candidati
Le sfide per il futuro: intercettare i tanti turisti del Garda consolidare gli eventi e rilanciare la fruibilità del castello I rivali di Del Bono criticano la gestione di Brescia Musei
Per valorizzare meglio l’offerta culturale della città Del Bono candida Brescia a capitale italiana della Cultura. La Vilardi propone un biglietto unico per tutti i musei, Guido Ghidini vuole portare l’arte anche nelle periferie.
Crescono i visitatori dei musei, il Nuovo Eden piace sempre di più, la pinacoteca finalmente riaperta al pubblico dopo nove anni riscuote consensi unanimi, il teatro Grande è sempre più vissuto e frequentato da un pubblico trasversale, i grandi eventi accolgono folle. Cultura alta, bassa, di massa o un po’ elitaria, i numeri dicono che Brescia una sua impronta culturale la sta acquisendo.
Il periodo delle Grandi Mostre è passato da un pezzo e la strada intrapresa, difficile, è fatta di piccoli passi, è rivolta a valorizzare e a dare quotidianità al patrimonio artistico culturale esistente. L’amministrazione di Emilio Del Bono e della vice Laura Castelletti (che ha la delega alla cultura) si ripresenta al voto portando in dote i risultati ottenuti (+113 per cento di visite nei musei cittadini, +70 per cento di eventi in città dice il sindaco) e nel contempo: da un lato pensando al futuro del Castello e al museo di Scienze naturali, dall’altro ragionando su come mettere a sistema il tutto. Le opposizioni fanno il loro mestiere, il centrodestra guidato da Paola Vilardi vorrebbe spostare un po’ più verso il consiglio comunale il potere decisionale delle politiche culturali, il Cinque Stelle propone un mix tra assessorato guidato da un esperto e progettazione dal basso.
Tutti, e ci mancherebbe altro, si pongono l’obiettivo di valorizzare il patrimonio artistico e culturale per far diventare la città sempre più attrattiva. Perché sì, parlare di politiche culturali significa occuparsi anche di offerta di servizi, turismo, commercio, apertura dei negozi, fruibilità del centro storico per i turisti. I quali, sia detto per inciso, probabilmente al libero traffico in città non sono interessati. Negli anni i flussi turistici sono cresciuti, seppure non in modo particolarmente significativo, e offrono qualche spunto di incoraggiamento. Il problema, non risolto, è come intercettare davvero i grandi numeri del lago di Garda e come scrollarsi di dosso — prendendo a prestito un passaggio del programma di Paola Vilardi — l’idea di Brescia come di una città «a metà strada tra Milano e Verona».
Chi la abita sa che non è così e sa che Brescia ha tanto da offrire ma da fuori il leitmotiv della città del tondino un po’ resiste ancora e magari un po’ è anche conseguenza del fatto che nelle classifiche nazionali su numero di librerie, biglietti venduti nei teatri, accessi ai musei, cinema e via dicendo di solito la città (e ancor più la provincia) non fa grandi figure, volteggiando a metà classifica o peggio. Su questo in realtà un’amministrazione può intervenire fino a un certo punto. Certo è che, come ricorda la Convenzione di Faro sottoscritta dal Consiglio d’Europa nel 2005 e mai ratificata definitivamente dal parlamento italiano (come ricorda un appello di Federculture ancora attivo su Change.org) la cultura e l’eredità culturale «sono risorsa essenziale per lo sviluppo sostenibile e per la qualità della vita».
Partecipare alla vita culturale di una città rientra insomma tra i diritti del cittadino. E in questo un’amministrazione può essere sicuramente da stimolo. Se mai Brescia riuscisse a diventare davvero «capitale italiana della cultura» (come da propositi dell’amministrazione Del Bono-Castelletti) potrebbe essere una buona occasione per attrarre più turisti, incentivare attività culturali e interesse, alimentare il circuito virtuoso tra buone idee, economia, qualità della vita, coesione sociale.