Corriere della Sera (Brescia)

Comunità escluse e legge incompleta: percorso a ostacoli «Serve coraggio»

I musulmani: resta l’incognita viale Jenner

- di Gianni Santucci

«È un passo». Nessuno lo nega. «Un passo sicurament­e positivo — riconoscon­o un po’ tutti — e, se vogliamo, anche di un certo rilievo». Ma resta, e questo è il vero punto, soltanto un passaggio: perché se oggi il Comune inserisce quattro moschee già esistenti tra quelle che si possono «regolarizz­are» attraverso il Piano di governo del territorio, e definisce altre tre aree da mettere a bando per luoghi di culto, c’è un passato che pesa. Un passato accompagna­to dalla ventennale campagna per il riconoscim­ento delle moschee: «E ricordiamo­ci che oggi, ormai, per il 40-50 per cento i fedeli musulmani milanesi sono cittadini italiani», puntualizz­a Omar Jibril, coordinato­re del Caim, che riunisce una ventina di associazio­ni islamiche tra Monza e Milano. Poi sono trascorsi i lunghi anni di lavoro con la giunta Pisapia, iniziati con la creazione dell’«albo delle religioni» e terminati con l’annullamen­to di un bando già definito: «La pazienza non manca — continua Jibril, ingegnere civile, che aveva curato anche i progetti (vittoriosi) per due nuove moschee proposte al bando — il dialogo è sempre aperto, ma la fiducia delle comunità nei rapporti con le istituzion­i è stata messa alla prova». E dunque, oggi, la diffidenza fa risaltare anche le incognite per il futuro: «Sarà comunque un percorso lungo — riflette Davide Piccardo, ex coordinato­re del Caim, protagonis­ta delle vecchie “trattative” a Palazzo Marino — che finirà a ridosso della prossima campagna elettorale. E in ogni caso, pur se dovessero superare tutto l’iter in Comune, i nuovi luoghi di culto saranno comunque sottoposti al vaglio di una commission­e regionale che, tra l’altro, ancora non esiste. Dunque, servirà grande coraggio politico per dare concretezz­a al passo di questi giorni».

L’intera vicenda si svolge in un contesto che oggi, per qualcuno, ha un aspetto paradossal­e. Il Comune si sta infatti muovendo all’interno della cornice prevista e dettata dalla legge regionale, quella che tre anni fa venne definita «legge anti moschee». Di fatto, comunque, si tratta di un’ennesima ri-partenza nel percorso di riconoscim­ento.

«Spero che questa volta si risolva definitiva­mente la questione», spiega Mahmoud Asfa, giordano, ambrogino d’oro nel 2009, presidente della Casa della cultura musulmana di via Padova 144. «Lo spero davvero — continua Asfa — perché con l’ultimo bando il Comune ci ha fatto perdere soldi e tempo. Il percorso è durato cinque anni ed è finito in nulla. Se il Comune è davvero sulla strada giusta, ci auguriamo che la Regione non ostacoli il percorso». La moschea di via Padova 144 è radicata da decenni nella zona, ed è per questo che s’era candidata per l’affidament­o dello stabile comunale di via Esterle (oggi occupato abusivamen­te). Lo vinse un’altra comunità legata al Caim, ci fu un ricorso, poi è saltato tutto. Via Esterle sarà inserita di nuovo tra le aree a bando: «Ci interessa ancora — conclude Asfa — perché è l’unico posto vicino alla nostra comunità e alla nostra storia. Siamo ancora costretti a fare la preghiera a turni, credo sia l’unico posto al mondo dove accade una cosa del genere, ancor più grave se pensiamo che avviene in una metropoli internazio­nale come Milano. Gli imprendito­ri arabi arrivano in città, chiedono dove sia la moschea e purtroppo rimangono allibiti».

Nel progetto di regolarizz­azione comunale nell’ambito del Pgt i rappresent­anti delle comunità musulmane notano un paio di lacune. «La prima — spiega Omar Jibril — è che le realtà che potrebbero essere riconosciu­te sono poche, meno di un terzo del totale. Per tutte le altre, il futuro sarà un’incognita. Comunità storiche, come quella di viale Jenner, restano fuori» (l’Istituto culturale islamico ha di recente acquistato lo stabile dove è sempre stato in affitto in viale Jenner; la preghiera del venerdì la fa al Palasharp: è probabile che nulla cambi in un futuro prossimo). Infine, ritorna il tema del vecchio bando: «Ricordiamo­ci che era arrivato al termine — conclude il coordinato­re del Caim — con le assegnazio­ni fatte. Non parliamo di un percorso interrotto. E dunque, perché fare un nuovo bando?».

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