Coma_Cose
Ex commessi a Milano, i nuovi divi del web sono attesi a MusicalZoo con la loro poetica urbana tra cantautorato pop e rap
«Vengo dal niente e voglio tutto», dicono i Coma_Cose in
Jugoslavia, uno dei singoli che hanno diffuso sul web. In attesa del disco d’esordio, social e piattaforme di streaming sono il pianeta del duo rivelazione composto da Francesca Mesiano e Fausto Zanardelli, tra i protagonisti della decima edizione di MusicalZoo. Il festival animerà il Castello di Brescia dal 18 al 22 luglio; i Coma_Cose saliranno sul palco il 19 assieme a Miss Keta, Yombe e altri. Un’occasione per ascoltare dal vivo Anima lattina, Post concerto,
Nudo integrale, per citare alcuni dei brani — una decina — che la band ha pubblicato finora, conquistando una folta schiera di fan. Ma chi sono i Coma_Cose? «Due ragazzi che facevano i commessi in un negozio di zaini artigianali in Porta Ticinese, a Milano, e che dopo un litigio e un licenziamento hanno deciso di darsi una scossa puntando sulla loro passione per la musica», spiega Fausto, classe 1981. Lui è del bresciano e ha all’attivo quattro dischi incisi come Edipo. «Un trascorso importante, dopo il quale ho vissuto un momento di demotivazione», confida. A un certo punto, però, ha ripreso a scrivere canzoni alleandosi con Francesca, originaria di Pordenone, in curriculum qualche esperienza come dj California, sua compagna an- che nella vita. «Lei non aveva mai fatto nulla a livello professionale, è nato tutto in modo spontaneo». «Facendo cose stimolanti siamo usciti dal coma». I numeri sono dalla loro parte: su YouTube Anima lattina, per parlare della canzone che li ha lanciati nel 2017, conta più di 700 mila clic. Un brano alla Battisti, hanno commentato in tanti, ma non mancano altri riferimenti. Concentrando lo sguardo sulla scena attuale, la musica dei Coma_Cose si presenta come un mix tra Calcutta e Carl Brave x Franco126: il loro è un intreccio di cantautorato pop e rap, fuso con basi elettroniche e con una poetica urbana fatta di versi-slogan, giochi di parole, quotidianità. Poetica che trova il suo humus nella Milano di oggi, vista con gli occhi di chi arriva da fuori. «Le nostre piccole storie sono un escamotage per raccontare la città nel suo lato più crepuscolare, quella che vive dalle 7 di sera alla mattina», osserva Fausto. «Da provinciali doc quali siamo, ci stupiamo ancora della vivacità culturale di Milano. Certo, esiste il rovescio della medaglia — i senzatetto, i mendicanti… —, ma il bello e il brutto convivono ovunque e, del resto, appena torniamo dalle nostre parti, per quanto circondati da laghi e montagne, sentiamo subito che ci manca il fiato e che abbiamo voglia di tornare a nasconderci tra i palazzi del Giambellino». È la metropoli, dunque, il terreno fertile dei Coma_ Cose. « Poi ci sono gli ascolti di dischi vecchi e nuovi che manipoliamo e che entrano nelle canzoni come suggestioni » , prosegue Fausto. «Quello che più ci rappresenta è Via Paolo Fabbri 43 di Guccini, perché si nutre di un linguaggio che nel suo essere vero, carnale e viscerale risulta attualissimo. Senza contare che Guccini dissacrava il suo habitat come facciamo noi quando, qua e là, nei pezzi, critichiamo la discografia attuale». A irritare i Coma_Cose è «il binomio autore-interprete»: «Se uno è bravo a scrivere, perché deve far cantare i suoi brani a un altro? » , si chiede Fausto. «Solo perché quell’altro ha una bella faccia? Ok le eccezioni, se frutto di sodalizi non costruiti a tavolino, ma con i talent si è spinto questo sistema così tanto che si è rovinato il mercato. E ormai è sotto gli occhi di tutti: molta gente si è stufata».
Ispirazione
Le nostre piccole storie sono un escamotage per raccontare la città nel suo lato crepuscolare, quella che vive dalle 7 di sera al mattino