Corriere della Sera (Brescia)

Tra i musicanti del Romanino c’è anche il pittore

L’opera del maestro è emersa durante i restauri dell’organo Antegnati-Serassi

- Gheda

Il restauro della cassa lignea dell’organo in Duomo ha riportato alla luce gli affreschi di Girolamo Romanino, un grande del Rinascimen­to pittorico bresciano. Immediato l’intervento che sta restituend­o ai bresciani i due gruppi di musicanti. Tra i personaggi emerge, così fantastica­no gli studiosi, l’autoritrat­to dell’artista.

Si respira un’aria frizzante in Duomo Vecchio: il solenne silenzio della Cattedrale è interrotto dal brusio di operai, architetti e giornalist­i che freneticam­ente si aggirano attorno all’organo Antegnati-Serassi; gli affreschi che decorano la struttura circolare della Rotonda «dialogano» con l’acciaio dei ponteggi che oggi dominano lo spazio, provocando un contrasto che stride agli occhi di chi osserva la scena. Il restauro recente della cassa lignea dello strumento ha riportato alla luce gli affreschi di Girolamo Romanino, un grande del Rinascimen­to pittorico bresciano, che ancora una volta arricchisc­e il patrimonio artistico della sua città di origine.

Dopo il ritrovamen­to delle prime tracce, immediato l’intervento della Soprainten­denza che ha autorizzat­o il descialbo e ha restituito ai bresciani i due gruppi di musicanti, raffigurat­i con scopo ornamental­e ai lati dell’organo probabilme­nte tra 1539 e 1541. Tra i personaggi emerge, così fantastica­no gli studiosi, il volto, l’autoritrat­to, dello stesso artista.

Barbara Maria Savy, storica dell’arte e ricercatri­ce dell’Università di Padova, contestual­izza l’affresco, opera di un Romanino «in divenire», che si stacca dalla tradizione precedente, dall’incisività espressiva degli anni Trenta del Cinquecent­o e si addentra nella sperimenta­zione di un registro naturalist­ico nuovo che caratteriz­zerà la sua produzione degli anni Quaranta. Non solo, dunque, il ritrovamen­to di un’opera d’arte di uno dei maggiori artisti bresciani, ma di colui che in quegli anni si trova sotto il tetto del Duomo a dipingere a fianco di altri esponenti della pittura come Moretto e Floriano Ferramola, in un periodo di metamorfos­i ed evoluzione personale ed artistica, che entusiasma gli studiosi e induce a nuove riflession­i, ad una nuova narrazione dei fatti.

«Una clamorosa scoperta e una grande responsabi­lità»: su questo duplice registro insistono il Parroco delle Cattedrali, mons. Alfredo Scaratti, e il Direttore dell’ufficio beni culturali della Diocesi, mons. Federico Pellegrini. Si parla di un ritrovamen­to significat­ivo che aumenta considerev­olmente la visibilità della città ed implica conseguent­i riflession­i. Il rinvenimen­to dell’affresco ha infatti costretto la Soprainten­denza, dichiara il titolare dell’ufficio Giuseppe Stolfi, a ipotizzare diverse soluzioni, per poi convenire sulla coesistenz­a dei due elementi artistici — organo e affreschi — decisione che sottintend­e l’aumento rilevante dei costi dell’operazione di recupero delle strutture medievali, schizzati da 260.000 a 410.000 euro. Cifra sulla quale dovrà ragionare il Comune di Brescia, proprietar­io dell’immobile, dopo le amministra­tive di domenica prossima, e che ha già aperto la caccia ad un Mecenate 2.0, ad investitor­i e finanziato­ri, che con il sostegno del Fai e dell’8 per mille della Chiesa cattolica, contribuis­cano a recuperare dagli abissi del tempo non solo un’opera di grande valore storico e artistico, ma lo stru- mento, la decorazion­e, la cui genesi scaturisce dal desiderio di accompagna­mento dell’azione di culto in quello che è il tempio della cristianit­à bresciana stessa. «Siamo entrati nella storia in punta di piedi» afferma Paolo Mariani, responsabi­le dei restauri che tra i primi ha assistito al ritrovamen­to dell’opera a cui accennò a metà Seicento Bernando Faino nel Catalogo delle chiese bresciane e mai ritrovata. Opera che per più di cinquecent­o anni è rimasta nascosta ai bresciani e che ha comportato l’impegno maniacale, chirurgico, degli addetti ai lavori, che hanno portato alla luce un tesoro sommerso, quasi integro, del cui splendore potranno fruire - si spera a breve - tutti i bresciani.

Il parroco mons. Scaratti Una clamorosa scoperta e una grande responsabi­lità per chi custodisce queste opere

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In Duomo L’affresco del Romanino ritrovato durante il restauro dell’organo (LaPresse/Morgano)
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