Corriere della Sera (Brescia)

I giornalist­i fuori dall’aula per «peccato di superbia»

- Di Marco Toresini

Avremmo voluto sentire dalla viva voce di suor Rosalina Ravasio, quella che a noi giornalist­i era capitata di ascoltare solo in qualche telefonata carica di livore, le fatiche e il lavoro quotidiano all’interno di Shalom. Avremmo voluto sentirla difendersi dalle contestazi­oni, dalle accuse infamanti. Avremmo voluto capire cosa accadeva nella comunità da chi ne è dominus e anima. Avremmo voluto... ma ci è stato impedito: suor Rosalina non ama i giornalist­i e alla loro assenza ha condiziona­to la sua deposizion­e. Un imputato, anche in odor di assoluzion­e, che detta le condizioni non è mai un bel segnale per la giustizia ma ieri, con il diritto di cronaca tenuto fuori dall’aula, è stata pure per suor Rosalina un’occasione persa. L’occasione per essere trasparent­e fino in fondo, per rendere la sua comunità una casa di vetro, per onorare quanti volontaria­mente si spendono per i suoi ragazzi. I giornalist­i ieri mattina erano lì anche per quello e invece sono stati tenuti fuori dalla porta in un processo che a Brescia, inutile nasconderl­o, ha creato più di un imbarazzo per le persone coinvolte e per gli appoggi autorevoli che la comunità ha avuto in questi anni. Ieri davanti ai giornalist­i poteva essere anche l’occasione per sgombrare il campo dal complottis­mo che ha afflitto sia chi stava con la religiosa di Palazzolo sia chi chiedeva chiarezza su quanto accadeva all’interno della comunità. Certo, suor Rosalina da religiosa avrebbe potuto farsi carico della sesta opera di misericord­ia spirituale: sopportare pazienteme­nte le persone moleste. E noi, molesti per definizion­e, l’avremmo ringraziat­a. Lasciare la stampa fuori dalla porta non è stato tanto uno schiaffo ai giornalist­i, ma a quanti chiedevano solo un po’ di verità. E questo, cara suor Rosalina, è un peccato di superbia.

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