Ciammarughi: «Il pudore di Michelangeli, un demiurgo del suono»
Uno sguardo sui grandi interpreti del pianoforte negli ultimi 30 anni. Si intitola Da Benedetti Michelangeli alla Argerich. Trent’anni di grandi pianisti il bel volume di Luca Ciammarughi, brillante musicologo, edito da Zecchini. Ciammarughi sarà ospite oggi di «Suonami! Piazza che vai, pianoforte che trovi», l’iniziativa di Cieli Vibranti che prevede 11 pianoforti a disposizione di chiunque nel centro storico. L’incontro è alle 18 in corso Zanardelli. Perché ha scelto di delimitare l’arco temporale del libro citando i nomi di Michelangeli e Argerich? «Ho voluto trattare quasi esclusivamente esperienze d’ascolto fatte in prima persona. Michelangeli è un’eccezione: non l’ho mai ascoltato dal vivo, ma mi bastò sentire una Sonata di Galuppi trasmessa da un tg, quando ero bambino, per rimanerne folgorato. Il Michelangeli degli anni ‘60 rappresenta però anche una forma di perfezionismo i per classicisti coda cui prima o poi bisognava distaccarsi, e credo che la Argerich sia un emblema di ritrovata libertà nel vivere l’istante musicale».
Brescia è la città di Benedetti Michelangeli, il cui «mito» è qui particolarmente vivo. «Michelangeli è un unicum, a mio avviso inimitabile (come lo sono, seppur in modo diverso, un Gould o un Horowitz). Più che prenderlo come esempio di fedeltà al testo, lo considero un demiurgo del suono: le sue interpretazioni, sotto l’apparenza talvolta algida, creano una bellezza che prescinde dal “giusto stile”». Quali i più interessanti giovani pianisti del panorama internazionale? «Tantissimi. Quest’anno mi ha affascinato molto Daniil Trifonov: le partiture sembrano nascere come fosse la prima volta sotto le sue mani». Come vede la spettacolarizzazione del concerto e la ricerca dell’estremo anche nella costruzione dell’immagine in personaggi come Lang Lang e Yuja Wang? «Mi interessa l’idea che al recital possano sovrapporsi nuove forme di spettacolo come il teatro, la danza, la performance art. Ma ci dev’essere una ricerca artistica vera». Cosa pensa della musica ridotta a prodotto? Mi riferisco a fenomeni come Allevi.«La vera esplosione di un “piano solo” minimalista o pseudo tale è avvenuta con il Nyman di Lezioni di piano o l’Einaudi di Le onde. Allevi è la conseguenza semplificata di qualcosa che già andava verso la semplificazione. Un fenomeno ad usum populi che è inutile demonizzare».