L’ultimo atto con Federico Colli agli Arcimboldi
Festival Pianistico Al teatro Arcimboldi Federico Colli con Valery Gergiev e l’Orchestra del Mariinsky
Da Rachmaninov a Scarlatti… «mind the gap!». Scherza Federico Colli, il giovane e talentuoso pianista bresciano che domenica sarà solista nel Terzo Concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov al Teatro degli Arcimboldi di Milano con Valery Gergiev alla guida della superba Orchestra del Mariinsky. Si tratta di un appuntamento «straordinario», riservato al pubblico di Brescia e Bergamo nel cartellone della 55 edizione del Festival Pianistico Internazionale. Tutto ciò, mentre sta riscuotendo grande apprezzamento di critica e pubblico il cd inciso da Colli e dedicato a Domenico Scarlatti, pubblicato da poco più di un mese.
Come si passa da Rachmaninov a Scarlatti?
«Una doccia fredda, una passeggiata, dimenticare un mondo e affacciarsi a un altro. Calarsi in atmosfere diverse velocemente, mettendo sempre in gioco il nostro io senza compromessi. È la nostra grande sfida, la nostra croce e la nostra salvezza».
Domenica esegui il cosiddetto «Rach 3», noto anche al pubblico dei non appassionati grazie al film «Shine», sulla vita di David Helfgott. È davvero così difficile?
«Qualche settimana fa ero in un locale del Carmine con alcuni amici, ho fatto due note su un pianoforte, la cameriera si è avvicinata e mi ha chiesto: ma tu sai suonare quella musica che sanno eseguire solo cinque pianisti al mondo? E si riferiva proprio a questo Concerto… Effettivamente, si tratta di un Concerto estremamente ostico dal punto di vista tecnico. Tuttavia, devo anche dire che, a mio avviso, il vero virtuosismo sta dove ci sono poche note: in Schubert o Scarlatti, ad esempio, perché ti costringono a mettere l’anima a nudo. Dove ci sono tante note, come in Rachmaninov, è più facile bluffare. Naturalmente, non vorrei che fosse il mio caso!».
Quale dunque la tua visione di questo Concerto?
«Al di là della sua difficoltà di esecuzione, è un’opera dal grandissimo contenuto emotivo e direi quasi escatologico. È il manifesto di un’anima tormentata: gocce di dolore che trasudano da un cuore palpitante. Questa è la verità, il mistero che si cela dietro quella musica. Tuttavia, all’approssimarsi della fine, quando la clessidra si gira, il tempo dell’escaton si fa più rovinoso, il finale è nella tonalità della gloria, il re maggiore. Dunque, la risposta è che, nonostante le avversità e le tragedie, esiste nell’uomo la forza di volontà di guardare al futuro con occhi nuovi».
Hai già avuto modo di lavorare con Valery Gergiev: come definiresti questo musicista?
«Ha una personalità viva, vibrante e energetica, che fagocita musica come acqua. Inoltre, ha uno stile di vita semplicemente inconcepibile: è capace di dirigere sette concerti in sette giorni, con repertori diversi, passando dall’opera alla contemporanea e offrendo sempre interpretazioni di abissale profondità. La sua orchestra, poi, è la migliore al mondo per un certo tipo di repertorio».
Presenta brevemente il cd dedicato a Scarlatti.
«È il primo di una collaborazione con la casa discografica Chandos, che prevede una prossima uscita dedicata a Bach e Bach/Busoni e un secondo cd dedicato ad altre 16 Sonate di Scarlatti. Quelle contenute nel primo disco rendono ragione delle diverse sfaccettature della personalità di un compositore che difficilmente si inquadra nei binari di un’epoca. Non basta definirlo barocco. Nella mia lettura ho voluto restituire i lati malinconici ma anche quelli gioiosi di Scarlatti, raccontare il velo di illusione che copre alcune Sonate sotto forma di un ghigno beffardo, e che in altre assume la veste di una fuga dalla realtà, magari ricorrendo alle sonorità onomatopeiche della chitarra».
La prova Rachmaninov A Milano mi misuro con il famoso “Rach 3”. Al di là della sua difficoltà di esecuzione, è un’opera dal grandissimo contenuto emotivo