Medtronic, una storia di crisi annunciata
Chiesto un tavolo in Prefettura, i dipendenti ieri hanno incontrato Salvini
Dopo la notizia choc con la quale la multinazionale ha comunicato l’altro giorno la chiusura dei siti produttivi di Torbole Casaglia e Roncadelle della Medtronic-Invatec, le organizzazioni sindacali stanno cercando una soluzione per salvare i 314 posti di lavoro delle due fabbriche.
Mentre nelle aziende sono spuntati i presidi degli operai e si racconta di una crisi annunciata con l’azienda che qui ha acquistato tecnologie e ora delocalizza, le organizzazioni sindacali hanno chiesto un tavolo in Prefettura per la crisi. Mentre qualcuno ieri ha incontrato il vice presidente del consiglio Matteo Salvini, che ha promesso interventi.
La forma e il contenuto. Ieri davanti ai cancelli della Medtronic Italia di Torbole Casaglia il giorno dopo la notizia della possibile chiusura delle due unità produttive è iniziata con un’assemblea generale e un presidio la lunga difesa dei 314 posti di lavoro messi a rischio dalla decisione della multinazionale statunitense di cessare l’attività, entro il primo semestre del 2020. L’altro è a Roncadelle. Immediata anche la reazione dei sindacati che, approfittando della presenza ieri a Brescia del ministro dell’Interno Matteo Salvini lo hanno incontrato e lui ha promesso interventi. Prossimo passo anche aprire in Prefettura un tavolo di confronto con l’azienda. Una risposta alla lettera indirizzata ai dipendenti nella quale il leader internazionale del settore biomedicale annunciava un nuovo «piano strategico globale» delle proprie attività con una conseguente «necessità di ottimizzazione produttiva in uno scenario sempre più competitivo».
E se questa è la «forma», il «contenuto» è di quelli che potrebbero far discutere a lungo. A sintetizzarlo è Ugo Cherubini, della Filctem Cgil ricordando la storia della Invatec: «La Medtronic ha comprato all’ingrosso il knowhow e l’eccellenza di Invatec utilizzando, dal 2010 ad oggi, tutti gli ammortizzatori sociali possibile e oggi si lascia dietro solo le tante difficoltà che comporta il licenziamento di 314 lavoratori».
Una situazione degenerata già in questi anni e per questo tenuta monitorata attentamente dal sindacato. «Questa decisione — si legge nella nota della Cgil — smaschera purtroppo il disegno più volte denunciato dalle organizzazioni sindacali di svuotare i siti bresciani non solo delle produzioni con minore valore aggiunto ma anche di quelle di più alto contenuto tecnico e specialistico».
Dalla Cisl si ricorda come «sono anni che alla Medtronic i dipendenti sono costretti a lavorare in presenza di piani di ristrutturazione occupazionale che ha quasi dimezzato il numero degli addetti nei due stabilimenti dopo il passaggio di proprietà.
Da allora ad oggi la battaglia dei lavoratori è sempre stata impari, tra cassa integrazione e contratti di solidarietà, licenziamenti collettivi e incentivi all’esodo».
Uno scenario che oggi si ripete nonostante un anno fa fosse stato raggiunto un accordo nel quale l’azienda si era impegnata a mantenere a Brescia produzione e occupazione, considerando i due stabilimenti come un polo di eccellenza. Ma in fondo anche questa è la globalizzazione.