Cesari afflitto: «I soldi ormai erano finiti»
Cesari dopo il passaggio del titolo al Milan: «Solo Tommaso Ghirardi ha provato a salvare il Brescia»
Le notizie, come spesso accade in una conferenza stampa, arrivano nel finale quando i nervi sono più distesi e i rospi sono già stati buttati fuori. Giuseppe Cesari ne tratteneva alcuni, non ne aveva mai fatto mistero. La cessione del titolo sportivo al Milan, divenuta ufficiale lunedì sera, «non ha colpevoli se non il sottoscritto», dice. Ma... «mi aspettavo di più dal Comune e parlo anche dell’opposizione. Il sindaco Del Bono avrebbe potuto convocare un tavolo con qualche industriale: investire nel Brescia femminile non era un salto nel buio. Ho chiesto aiuto troppo tardi? È da tre anni che racconto le mie difficoltà, ma nessuno mi ha mai preso sul serio. Ed eccoci qui. Sono finiti i soldi». Il titolo lo dà lui, con disarmante trasparenza, figlia di un personaggio accentratore ma senza dubbio genuino. Folle, no. Il giocattolo non poteva più portarlo avanti da solo, per questo c’era chi — e questa è la novità di giornata — si era offerto di prendere in mano la società.
Ha un nome e cognome, Tommaso Ghirardi, l’ex presidente del Parma, condannato (in attesa del terzo grado di giudizio) a cinque anni di squalifica con proposta di radiazione per il fallimento del club ducale. «Lui è malato di calcio — ha spiegato Cesari — e sarebbe tornato. Adesso non è stato possibile. Ci aveva già dato una mano quest’anno quando, contro l’Ajax, Cellino voleva impedirci di usare il campo nella gara di ritorno. Lui lo convinse». Contro il Montpellier, invece, il Brescia traslocò a Lumezzane. «Avevo persino offerto la società a costo zero a Cellino — spiega Cesari — non c’è stato verso. Il calcio femminile non gli interessa». Non solo a lui, va detto, se le richieste di aiuto in città sono state tutte vane. Il Milan, invece, ha fatto sul serio da subito: «Li avevo incontrati per diventare loro fornitore con la mia azienda e da lì è nata invece la trattativa che il 2 giugno si è concretizzata. Le ragazze sono già state contattate dal nuovo club (che non giocherà la Champions League e non si allenerà nemmeno a Milanello); lo staff era stato messo al corrente ancor prima. Hanno pianto loro, ho pianto io: mai avrei pensato di spendere lacrime per il calcio. E invece...». Ma si riparte. Dal basso, dalla C regionale: serviranno tre promozioni per ritornare in Serie A, il progetto tecnico coordinato dal fedele ds Cristian Peri (molto più duro con il Comune: «Non devo ringraziare le istituzioni, non ci hanno meritato») prevede i primi due step in tre anni.
È forse un arrivederci, ma dopo 9 titoli resta una ferita lacerante. Certi amori non finiscono, però proiettarsi nel futuro — da scrivere — è un palliativo per non ripensare a un passato. Che non tornerà.