Gente di strada
Madeleine Delbrel, in scena la vita di una grande figura del cattolicesimo francese
«Nous autres, gens de rues» è il titolo dell’opera di Madeleine Delbrêl, uscita nel 1966, poco dopo la sua morte nel 1964 (era nata nel 1904) e dice in sintesi quale è stata la vita di questa donna impegnata nel mondo e contro il mondo. Se il cattolicesimo lombardo ha prodotto due papi nel primo ‘900, è pure vero che molto entrambi hanno tratto dal cattolicesimo francese, di cui anche la Delbrel è protagonista: quello di Emmanuel Mounier e Jacques Maritain, dei padri conciliari Chenu, Congar, De Lubac, dei Piccoli fratelli di Charles de Foucauld…
Più recente è però l’attenzione portata a questa bella figura femminile, le cui opere sono state edite da Gribaudi; di questi giorni l’uscita di La vocazione, a cura di padre Gilles François e padre Bernard Pitaud in cui si ripercorre il suo cammino di giovane ragazza atea convertita, di una natura mistica che si spende però, totalmente, nel mondo: assistente sociale nella periferia operaia di Parigi, a Ivrysur-Seine, condivide una vita di comunità con alcune compagne a partire dal 1933 (l’anno dopo, Simone Weil, di poco più giovane, entra in fabbrica e del ’36 è La condizione operaia). L’impegno si fa ancor più totale negli anni di guerra, durante l’occupazione tedesca, ma è negli anni dal dopoguerra alla morte che si radica in lei il bisogno del continuo confronto con il comunismo professato dal mondo operaio che la circonda, con l’ateismo programmatico marxista. Ne condivide il bisogno di giustizia sociale, l’impegno per una vita collettiva basata su principi di maggiore equità, anzi di fratellanza: «Ciò che il comunismo ci dice è: “Cosa hai fatto di tuo fratello?”. “Cosa hai fatto per tuo fratello?”», ma riafferma con forza il primato evangelico, l’impegno disarmato a farne lievito di vita.
In realtà, di fronte alla realtà operaia di Ivry, i suoi percorsi trovano analogie con quelli che un giovane prete fiorentino, don Lorenzo Milani, sperimenta in Esperienze pastorali che esce nel 1957 e avrà vita difficile, negli anni che precedono il Concilio: l’orizzonte comune è comunque quello della secolarizzazione (scristianizzazione), un mondo in cui la forza delle cose (materiali) sempre più si scontra e scontrerà con le pa- role della fede. Madeleine Delbrêl si pone costantemente anche il problema del confronto teorico, ma ciò che appare importante nel suo percorso è soprattutto «l’evangelismo integrale» che domina le sue pagine (spesso in forma di preghiera): «La vita è fatta per esplodere, per andare più lontano, per farsi dono. Quando la si conserva per sé la si soffoca. La vita è triste quando la si conserva per sé – è magnifica dal momento in cui si comincia a donarla. Una vita di cui ci si rifiuta di essere i proprietari, una vita che si dà perché il mondo non sia del tutto uguale prima e dopo che si è vissuti, una vita come questa fa miracoli...anche quando non si crede in Dio». È stata dichiarata venerabile da papa Francesco, anche se è discutibile questo eccessivo bisogno di santi: si pensi a sant’Agostino che iniziava le omelie rivolgendosi ai suoi fedeli, vestra sanctitas…